L’esposizione “La porta si apre a chi bussa” (“Kapı çalana açılır”) organizzata presso la villa del principe Abdülmecid II (sulla sponda asiatica del Bosforo) lo scorso 22 ottobre è stata sorpresa da una violenta irruzione. Nel corso della mostra, realizzata in parallelo alla 15esima Biennale di Istanbul, alcune persone sono entrate nel palazzo gridando: ‘è questa la laicità?’, ‘il Paese è arrivato a questo punto a causa vostra’ e ancora, ‘queste opere non devono essere esposte qui’.
Motivo della contestazione è la nudità delle opere esposte, definite scandalose all’interno della residenza storica di Abdülmecid II, che fu l’ultimo califfo dell’Islam (1922-1924).
Il gruppo si è accanito in particolare con l’opera di Ron Mueck (Man Under Cardigan, 1998), contestando altre statue nude a grandezza umana. I manifestanti sono stati fermati dalla sicurezza e sono stati fatti uscire dopo circa 15 minuti di discussione. La polizia ha poi rilasciato i manifestanti senza alcuna sanzione. Tuttavia la polemica si è successivamente spostata sui media e sulle piattaforme social. Alcuni membri della famiglia ottomana si sono uniti alle discussioni virtuali definendo la mostra uno scandalo e chiedendo la sua immediata interruzione. Altri media hanno ricordato invece come il principe Abdülmecid fosse dedito all’arte e alla pittura. Una disciplina alla quale l’erede al trono ottomano si dedicò per diversi anni, raffigurando anche corpi nudi.
In copertina: Avluda Kadınlar (‘Donne in cortile’, 1899, coll. priv.), opera dell’erede ottomano Abdülmecid, nominato califfo nel 1922.