In occasione di Documentarist, le giornate del documentario che si svolgono quest’anno dall’8 al 13 giugno, saranno proiettati due documentari che esplorano la questione armena e in particolare il difficile rapporto con la memoria e la storia. Due documentari di due registe che partono da esperienze soggettive e che in modo creativo vanno a ritroso nel tempo, rimanendo ben radicati nel presente e interrogandosi sul rapporto con la memoria, l’esperienza dell’oblio e del ricordo, e dunque l’intreccio con la questione armena in Turchia.
Per chi è a Istanbul i due documentari saranno proiettati il 9 giugno nell’Auditorium del Museo Pera:
Questo è il trailer del film:
Sweet Home Adana
di Nagehan Uskan
Sweet Home Adana di Nagehan Uskan è un documentario soggettivo che racconta il viaggio verso casa di Marie, un’armena di Adana, convertita a forza all’Islam. È una storia che racconta un viaggio alla ricerca delle proprie radici e anche di un mancato ritrovamento. Dai vecchi luoghi della memoria armena di Adana agli archivi diplomatici di Nantes (Francia), passando per le ricerche dirompenti dei cacciatori di tesori, Sweet Home Adana mette insieme i vari frammenti che riguardano diversi aspetti della negazione e dell’oblio.
Ecco una breve presentazione della regista, Nagehan Uskan:
Questo documentario è innanzitutto una riflessione sui concetti di radici, passato, patria, esilio, ricordo, oblio e manipolazione della storia come politica di Stato. La ricerca di questa piccola storia familiare, che ho appreso alla fine dei miei vent’anni e che non ho mai sentito direttamente da mia nonna, è per me una ricerca sia politica che artistica. Forse è il mio confronto cinematografico con una verità che personalmente non potevo affrontare. Ho trovato molto difficile affrontare questo tema. La rappresentazione della questione armena è molto complicata, forse impossibile, perché riguarda grandi catastrofi. La rappresentazione mantiene costantemente il dolore in primo piano.
Durante la mia ricerca sul campo ad Adana, ho pensato che anche le fosse del tesoro che ho visto nei luoghi della memoria armena potessero diventare parte della ricerca. Lì c’era una ricerca parallela alla mia, ma che comportava anche la distruzione. Ho pensato che questo potesse creare una buona dialettica per rappresentare il colpevole. Ho guardato centinaia di video di tesori su YouTube e ho deciso di usare questi filmati trovati di cacciatori di tesori che si auto-rappresentano. L’irrazionalità di questi video ha aggiunto un umorismo tragicomico e mi ha reso più facile affrontare il tema.
Alcuni fotogrammi del film (da cui è tratta anche la nostra copertina):