Il 16 ottobre è stata pubblicata sul quotidiano La Repubblica un’intervista a Aslı Erdoğan firmata dal giornalista Marco Ansaldo, per commentare il consenso e l’opposizione in Turchia all’operazione dell’esercito turco a nord della Siria. Il 23 ottobre la stessa intervista è stata tradotta in francese sul supplemento Léna del quotidiano belga Le Soir. Ventiquattro ore dopo Aslı Erdoğan è su tutti i giornali in Turchia, attaccata e accusata di “tradimento”, di “fare quello che l’occidente le chiede”, di “raccontare solo il male del suo paese”, di “parlare per ricevere premi”, insultata poi con quel linguaggio universale dell’odio che in questi casi mostra sempre i profondi abissi della sua ristrettezza, tanto più veemente quanto più scarno e povero di fantasia.
Si legge nell’intervista pubblicata da Repubblica:
Così la scrittrice […]sceglie di spiegare perché tutto un Paese, con una storia importante alle spalle, l’erede di un Impero come è la Turchia, in maniera cocciuta e convinta, sia da sempre contro i curdi come entità, considerando i loro organismi alla stregua di terroristi. Lo è la totalità delle forze politiche in Parlamento (escluso il partito filo curdo, ovviamente), compresa la sinistra repubblicana.
Nella traduzione francese questa lunga frase è stata mal interpretata. Il “lo è” è stato attribuito alla parola terroristi, subito prima. Mentre quel “lo è” fa riferimento alla maniera “cocciuta e convinta” in cui tutti i partiti ad eccezione dell’HDP tendono a considerare terroristi tutti gli organismi curdi, come specifica la scrittrice nell’articolo di rettifica pubblicato su Repubblica online il 29 ottobre: “E nell’ultima domanda, dico che tutti i partiti in Parlamento (tranne l’Hdp) tendono a etichettare tutte le organizzazioni curde come terroriste”.
Certo, la frase in italiano presenta qualche possibilità di fraintendimento, così come l’espressione “nemici curdi” che non è originale della scrittrice: «Come egli [Marco Ansaldo] stesso ha poi ammesso, questa non è la mia affermazione originale, ma la sua interpretazione.» (La Repubblica on line 29/10/2019)
Inoltre il seguente passaggio:
Vede, gli europei purtroppo non seguono la stampa turca. Ma se potessero farlo, capirebbero come funziona l’indottrinamento che viene fatto.
Indottrinamento?
Certo, fin dalle scuole, attraverso i libri. La Repubblica di Turchia è imbevuta di un’ideologia, il kemalismo che poteva funzionare ai tempi di Mustafa Kemal Atatürk. Ma da allora è scivolata verso il nazionalismo estremo. (La Repubblica, 16/10/2019)
in francese diventa nel titolo “Noi turchi, indottrinati sin dalla scuola contro i nemici curdi.” Lo stesso quotidiano Le Soir si è poi scusato e ha ripubblicato una versione corretta dell’articolo, così come si sono scusate numerose testate turche anche d’opposizione come T24, che in un primo momento avevano attaccato la scrittrice per queste frasi che dal francese tradotto (male) dall’italiano, sono passate in turco attraverso la traduzione inglese che riprende a sua volta una notizia dell’agenzia russa Sputnik. Cinque passaggi dall’italiano al turco… Finalmente la Bbc Turca ha rifatto tradurre l’articolo direttamente dall’italiano, ma non è servito a placare il linciaggio mediatico che Aslı e sua madre (!) stanno subendo da giorni dalla stampa filogovernativa.
«Io una cosa del genere non l’ho detta mai e poi mai. È impossibile che possa pronunciare una frase tanto infantile come “tutti i parlamentari sono terroristi”. D’altra parte io la parola terrorista non la uso affatto.» (Duvar 27/10/2019).
Per chi ha letto anche un solo libro o articolo di Aslı Erdoğan, che ha fatto della lingua un potente strumento di indagine volto alla compassione e comprensione, lontana dal linguaggio di denuncia e di accusa diretto e che evita accuratamente di riproporre la retorica del potere anche solo in forma rovesciata, risulta evidente che frasi simili non sarebbero mai potute uscire dalla sua penna. Aslı Erdoğan in Europa è stata spesso presentata come figura di opposizione, militante in aperto spirito di denuncia, e benché abbia sempre difeso strenuamente i diritti non solo dei curdi ma di qualunque frangia della società civile oppressa e dimenticata, ha fatto questo sempre in primo luogo con la scrittura. La letteratura, prima che narrazione, è per Aslı Erdoğan uno strumento di denuncia umano e partecipe del presente, un lavoro di scavo nelle ferite personali, umane e sociali. Eppure la sua spettacolarizzazione, il primo piano sul suo impegno di attivista crea un’immagine distorta della scrittrice che si definisce in primo luogo come tale. Chi la ha ascoltata parlare almeno una volta sa che all’estero Aslı risponde su temi universali e su problemi contingenti e puntuali, senza mai farsi forza della sua posizione di esiliata volontaria, oppositrice politica, vittima o perseguitata, o utilizzarla “per ricevere premi”.
Esprimiamo con questo la nostra solidarietà a Aslı per la campagna mediatica di cui è, qui sì, vittima, e ci auguriamo che questo incidente possa essere utile almeno a cercare di comprendere il lavoro della scrittrice nella sua profondità, lontano dai titoli sensazionalistici e dalle definizioni brevi.
Fot0 di ©Ahval