Da Galile Denizi (“Mare di Galilea”), 1958
III. Tempo d’amarsi a Saint-Antoine
Questo cielo
Non è il cielo di ogni giorno su Saint-Antoine
Certo è tempo d’amarsi
Per prime si sono aperte le finestre
Le formiche sono spuntate fuori dai nidi
Il muschio si è ravvivato
La volta del cielo si è tesa sempre più
La ragazza che cuce alla finestra è felice per la prima volta
Le case e i caffé rivolti al mare per la prima volta sono felici
Lambodis non ha più da temere
Eleni non deve temere
Tutti i colombi spiccheranno il volo, nessuno più saprà cos’è la paura
Nell’ora in cui tutto si risveglia
L’amore avrà inizio
E tutto si arresterà
Le mani della ragazza, stendendosi sul vestito, si bloccheranno
Saint-Antoine si leverà dal sarcofago per incamminarsi verso la costa
Lo seguiranno tutte le tombe, le immagini dei santi e Gesù stesso
Ogni cosa lascerà il posto all’amore
La sedia, all’amore
La finestra, all’amore
Il soffitto di Saint-Antoine o s’incamminerà verso un altro soffitto
Il portone, verso un portone diverso
Nulla avrà voglia di ritrarsi
Vedremo il cielo espandersi ancora
Il mare farsi più blu
Quell’amore passerà dagli occhi ad altri occhi come una pelle scura
Adesso è lui a venire a Istanbul con i canti più belli
Per questo le mani della ragazza. la sua bocca, ora crescono da qualche parte
Per questo il bimbo non si stacca dal petto della madre
I colombi di Saint-Antoine
È per questo che volano nel cielo
L’ansia dell’ordine in poesia viene da qui
Né avrà mai altre ragioni
Questa volta del cielo.
III. Saint-Antoine’in Sevişme Vakti
Bu gökyüzü
Her gün böyle değildir Saint-Antoine’in üstünde
Belli sevişme vakti
İşte pencereler ilk kollarını açtı
Karıncalar yuvalarından çıktı
Yosunlar uyandı
Gerildikçe gerildi gökyüzü
Dikiş diken kız penceresinde ilk kez mutlu
Denize bakan evler kahveler ilk kez mutlu
Hiç korkmamalı artık Lambodis
Eleni hiç korkmamalı
Bütün güvercinler havalandı kimse korku nedir bilmiyecek
Herşeyin uyandığı bir saatte
Aşk başlayacak
Herşey duracak
Bir kızın elleri elbisesine uzanmışken duracak
Saint-Antoine ilk sandukasından çıkıp deniz kıyısı bir yere gidecek
Onunla tüm sandukalar, evliya resimleri, İsa’nın kendisi arkasından gelecek
Herşey yerini aşka bırakacak
Sandalye aşka
Pencere aşka
Saint-Antoine’in tavanı bir başka tavana doğru yürüyecek
Kapı bir başka kapıya doğru
Hiçbir şey küçüleyim demeyecek
Daha bir büyüdüğünü göreceğiz gökyüzünün
Daha bir mavi denizi
Gözlerden gözlere bir esmerlik halinde o aşk gidecek
En güzel şarkılarla şimdi İstanbul’a gelen o
Şimdi herhangi bir yerde kızın elleri ağzı onun için büyüyor
Bir çocuk annesinin memesini onun için bırakmıyor
Saint-Antoine’in güvercinleri
Onun için havada
Şiirde bu düzen kaygusu onun için
Bu gökyüzünün başka anlamı olamaz.
Da Kül (“Cenere”), 1978
In un vecchio vicolo di Pera
Gli uccelli si levano in volo su Sant’Irene
Un fascio d’erba dietro gli orecchi.
E io, finalmente sei qui, dico tra me
Qui, nel luogo al crocevia del vecchio atlante.
Un gatto ti punta gli occhi addosso e ti scruta
Per quanto in basso, il cielo sia in basso
E una donna cerca di attraversare.
Io penso a te, pensando al collo suo che non vedo, spaventosamente sottile.
Davanti a me passano militari, ambulanti, arrotini
I minatori imbronciati del nostro pianeta.
Siamo sulla stessa penisola io e te, dice una voce
E poi scompare in un vecchio vicolo di Pera.
Scalcio tutte le sere, io, quel vecchio vicolo di Pera
E ogni sera sulla mia suola ritrovo il tuo fango.
Pera’nın Eski Bir Sokağında
Kuşlar kalkıyor Aya İrini üstünden
Bir sap ot kulaklarının arkasında.
Ben sonunda burdasın işte diyorum kendi kendime
Burda eski bir atlasın kesiştiği yerde.
Bir kedi gözlerini dikmiş sana bakıyor
Ve aşağılarda gök ne kadar aşağılarda olursa.
Ve karşıdan karşıya geçmeye çalışıyor bir kadın.
Ben seni düşünüp korkunç ince diyorum görmediğim boynu.
Önümden çerçiler askerler bıçak bileyiciler geçiyor
Ve asık suratlı kazmacıları dünyamızın.
Bir ses seninle aynı yarımadadayız diyor
Ve yitiyor sonra Pera’nın eski bir sokağında.
Pera’nın eski bir sokağını tepiyorum ben böyle her akşam
Her akşam tabanımda senin çamurun.
Da Deniz Eskisi (“L’antico del mare”), 1982
Il poeta e i suoni
Tutti i giorni eccolo che viene
A riprendersi il suo posto nel mondo.
“La cosa difficile, dice, è vivere la vita nei versi.
La scrittura viene sempre di conseguenza.” Queste parole
Gli escono di bocca con facilità, quasi chiedesse dell’acqua.
Per stare un po’ con sé ritorna a sedere
Sulla poltrona usurata di sempre.
Incrocia lo sguardo degli alberi, del mare, del cielo. Passa le mani
Sul mazzo di garofani. Lo porta alle narici.
Si mette in ascolto dei suoni. Attraversa la strada una voce
Augurando buona sera. Il mattino che discende con mille suoni.
Il silenzio dell’erba. Il giorno che cade.
Suoni. Suoni. Suoni.
Ascoltati quei suoni per un giorno intero
Infine eccolo che si ritira
Nel suo posto nel mondo.
Ozan ve Sesler
Her gün böyle gelip dünyadaki yerini alıyor.
‘Zor olan, diyor, şiirin hayatını yaşamaktır.
Yazmak sonra gelir hep.’ Bir bardak su ister
Gibi kolay çıkıyor bu sözler ağzından.
Kendiyle daha bir içli olmak için sonra
Her zamanki eski koltuğuna gidip oturuyor.
Göz göze geliyor ağaçlarla denizle gökle. Bir top
Karanfilde gezdiriyor ellerini. Burnuna götürüyor.
Sesleri dinliyor sonra. İyi akşamlar diyen
Yoldan geçen bir sesi. Gürültülerle inen sabahı.
Sessiz otları. Düşen günü.
Sesleri. Sesleri. Sesleri.
Böyle bütün gün sesleri dinleyip
Çekiliyor sonra,
dünyadaki yerine.
Da Delta ve Çocuk (“Delta e il bambino”), 1984
La tenda
Amore mio, ecco settembre
Ecco il tuo volto che tremola con dolcezza
Il tempo è infinito
E somiglia alle poesie incomplete
Somiglia a trattenere e narrare le nostalgie
O un pugno di ruscelli
Noi quel tempo l’abbiamo vissuto, ma tra virgolette
(Sulle rive torbide del desiderio).
Sarà per questo che il nostro amore
Racchiude la tristezza ininterrotta della sera.
Otağ
Sevgilim, işte eylül
Ve işte senin usul usul seğiren yüzün.
Zaman ki sonsuzdur
Bitmemiş şiirler gibidir.
Bazı hüzünleri
Bazı nehirleri tutup anlatmak gibidir.
Biz ki zamanı tırnak içine alıp yaşadık
(İsteğin bulanık kıyısında).
Bundan değil midir bizim aşkımızda
Sürekli bir akşam hüznü vardır.
[trad. N. Verderame]
İlhan Berk (Manisa 1918-Bodrum 2008) è stato uno dei padri della poesia turca contemporanea. Poeta, traduttore, pittore, nella sua esperienza artistica ha sintetizzato la lezione delle avanguardie europee con il patrimonio linguistico e letterario turco. In particolare, nei suoi ventuno libri di poesia, pubblicati tra il 1947 e il 2005, è fondamentale l’attenzione allo spazio. Da un lato lo spazio urbano di Istanbul, con la sua complessa stratigrafia, che scatena la fantasia poetica del flaneur in libri come Galata (1985) e Pera (1990), a cavallo tra poesia, reportage e storia urbana. Dall’altro, lo spazio della pagina, che nelle opere degli anni Ottanta e Novanta diventa il luogo in cui mescolare poesia visuale, aforismi e versi sempre più sibillini, come nel Libro delle cose (Şeyler Kitabı, 2002) o in Verrò al compleanno degli uccelli (Kuşların Doğum Gününde Olacağım, 2005). In settanta anni di poesia, Berk è stato l’autore che più ha sperimentato con forma e messaggio, contribuendo in maniera fondamentale alla scrittura poetica odierna in lingua turca.