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Ballottaggio per le presidenziali

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L’appuntamento elettorale della Turchia non è ancora terminato. Secondo i risultati non ufficiali, le consultazioni parlamentari e presidenziali tenute il 14 maggio hanno stabilito la composizione del prossimo parlamento turco, ma non il prossimo presidente. I due contendenti principali, l’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan e Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Partito Repubblicano del Popolo (CHP), non hanno ottenuto il 50%+1 necessario per avere la carica e gareggeranno ancora una volta il prossimo 28 maggio.

Secondo i dati forniti dall’agenzia statale Anadolu, il presidente uscente ha avuto il 49,40% dei voti, mentre Kılıçdaroğlu si è fermato al 44,96%. L’affluenza alle urne è stata molto alta, attestandosi all’88.84%, con quasi 54 milioni di elettori.

Sono stati riportati sporadici episodi di brogli e di violenza, ma nel complesso l’iter elettorale si è svolto senza particolari sorprese. I dati dell’agenzia sono stati contestati fino all’ultimo dal CHP e potrebbero ancora subire delle leggere modifiche.

Il supporto alla presidenza di Kılıçdaroğlu è emerso compatto da tutte le province del sud-est a maggioranza curda. Allo stesso modo, nelle metropoli di Istanbul e Ankara – già passate all’amministrazione del CHP con le elezioni del 2019 – la maggioranza dei voti è andata al leader del CHP che ha ricevuto rispettivamente il 48,55% e il 47,31% dei voti contro il 46,69% e il 46% ottenuto da Erdoğan. Ma al di là delle attuali percentuali che potrebbero cambiare, ci sono già numerosi punti fermi emersi da queste consultazioni.

L’opposizione non ha sfondato

Il primo dato che emerge è che l’ottimismo dell’opposizione sulla possibilità di ottenere risultati plebiscitari si è rivelata infondata. La coalizione del Tavolo dei Sei – composto, oltre dal CHP, dal nazionalista Partito Buono (İYİ Parti), il Partito Democratico (DP), il Partito della Felicità (SP) il Partito del Futuro (GP) e DEVA – si è fermata al 35.12% dimostrando di non essere riuscita a dare un forte messaggio all’elettorato e interrompere la forte polarizzazione che da anni domina lo scenario politico turco.

Il CHP ha leggermente aumentato le proprie percentuali rispetto alle elezioni del 2018, ricevendo il 25.39% delle preferenze (a confronto del 22.67% della precedente tornata). A confronto, le percentuali di İYİ Parti sono rimaste quasi inalterate, attestandosi al 9,78%. Le altre componenti del Tavolo hanno ottenuto percentuali insignificanti.

Anche la seconda coalizione che ha sostenuto la candidatura di Kılıçdaroğlu, “Lavoro e Libertà” – filo-curda e di sinistra, guidata dal Partito Democratico dei Popoli (HDP/YSP) – non è riuscita ad accrescere le proprie percentuali rispetto al 2018, registrando, invece, un calo.

L’HDP che, messo di fronte all’imminente rischio di essere chiuso, si è presentato alle elezioni con il Partito Verde di Sinistra (YSP), ha ottenuto l’8.79% dei voti (a fronte dell’11.62% del 2018), mentre l’alleato IP, il Partito dei lavoratori si è fermato al 1.73%. Uno dei quattro deputati che IP è riuscito a portare in parlamento è l’avvocato Can Atalay, attualmente in carcere nell’ambito del processo a Gezi Park. Nel complesso, il fronte dell’opposizione riuscirà a portare in parlamento 213 deputati (dal Tavolo dei sei) e 66 della coalizione Lavoro e Libertà, sui 600 seggi complessivi del parlamento turco.

Calo di consensi per l’AKP, rimonta la destra islamista e nazionalista

Anche il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) risulta aver perso consensi rispetto al 2018. Il partito del presidente ha ottenuto il 35.49% dei voti (rispetto al 42.49% del 2018), incluse alcune città baluardo dell’AKP come Erzurum, Bingöl e la stessa città natale del presidente, Rize.

Un possibile fattore scatenante è quello economico, che, in parte, sembra aver spostato le preferenze di un milione e mezzo di voti verso il partito islamista Nuovo Benessere (YRP), nuovo alleato del presidente, che si è però presentato alla tornata elettorale con una propria lista di candidati, appoggiando Erdoğan dall’esterno.

Lo YRP ha ottenuto il 2,83% dei voti riuscendo a portare in parlamento 5 deputati. Il partito aveva accettato di sostenere il presidente turco avanzando una serie di condizioni, inclusa quella di abolire la legge 6284 sulla protezione della famiglia e la prevenzione della violenza sulle donne, che è un’emanazione della Convenzione di Istanbul da cui la Turchia si è ritirata nel 2021. La condizione aveva suscitato forti reazioni tra le femministe e anche tra le sostenitrici dell’AKP.

Sul versante della destra nazionalista, il MHP (Partito di azione nazionalista) guidato da Devlet Bahçeli, e alleato di Erdoğan dal 2015, ha smentito i pronostici che davano il suo partito in netta discesa, mantenendo salda la sua base elettorale e ricevendo il 10.06% delle preferenze (a fronte dell’11,13% ottenuto nel 2018). Nel complesso, il blocco di governo e dei suoi alleati (l’Alleanza del popolo) ha incassato il 49,7% dei voti, portando in parlamento oltre 320 deputati, ma restando al di sotto della maggioranza necessaria per modificare la costituzione.

Verso il ballottaggio

La sorpresa più grande di queste elezioni – perché non previsto da nessuna agenzia di sondaggi – è il successo ottenuto dal terzo candidato presidente in lizza, Sinan Oğan, un indipendente di destra che ha ottenuto il 5.2% dei voti, e che avrà un’influenza decisiva sull’esito del ballottaggio.

Un ex membro del Partito di azione nazionalista (MHP), alleato del governo, e già espulso due volte dal partito, Oğan è stato in passato nel gruppo dei “dissidenti” del MHP, assieme a Meral Akşener – leader di İYİ Parti – e ad altri. Pur non essendo un politico legato ad alcun partito, Oğan è stato sostenuto dall’alleanza ATA (“Padre”) e il cui messaggio politico è incentrato sull’ostilità ai migranti. Il politico è noto anche per le posizioni contrarie e intransigenti nei confronti dei gruppi politici curdi, Partito democratico dei popoli (HDP) in primis.

Sia Erdoğan che Kılıçdaroğlu hanno già iniziato a corteggiare Oğan, che non nasconde di avere diverse richieste per prestare il proprio appoggio, tra cui ministeri e posizioni di vice-presidenza. Kılıçdaroğlu ha nuovamente promesso che vincerà al ballottaggio. Ma se si sposterà a destra per avere l’appoggio di Oğan perderà l’appoggio cruciale dei curdi. Le prossime due settimane si prospettano molto complesse per il leader del CHP e la sua coalizione.


Articolo di Fazıla Mat, pubblicato in originale su Osservatorio Balcani e Caucaso

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