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Terremoto / Bandista – Note sul sisma

in Società

“Note sul terremoto – Datti una mossa, rimboccati le maniche!” è un testo scritto dal collettivo e gruppo musicale Bandista e pubblicato in varie lingue a febbraio 2023. Proponiamo la nostra traduzione in italiano.


Datti una mossa, rimboccati le maniche!

Il giorno dei terremoti abbiamo provato a metterci in contatto con i nostri amici nella regione colpita dal sisma, mentre intanto ci preparavamo per metterci in viaggio. Abbiamo caricato attrezzature da cucina e un trapano a percussione rotante recuperati dal quartiere, cereali da Ovacık, un generatore, medicine di base e materiale igienico da Ankara e siamo partiti. Faceva freddo, c’era una bufera di neve.

I nostri amici di Antakya avevano perso i loro luoghi e i loro cari, e da loro abbiamo appreso in maniera diretta l’entità della distruzione della città. Gli amici di Adana si sono aggiunti alla nostra carovana, e dopo una breve sosta a Iskenderun, dove abbiamo visto gli edifici crollati, abbiamo proseguito verso Hatay e siamo arrivati nel quartiere dove abitava un amico. Siamo arrivati appena prima dei camion, eravamo partiti giusto in tempo, quando il viaggio era ancora relativamente breve. Dopo il tragitto ha cominciato a richiedere più tempo, la distanza tra Adana e Antakya si è allungata fino a dieci ore.

Nel cortile di una scuola c’erano circa 300 persone che dormivano in auto e abbiamo pensato fosse il posto giusto per preparare una zuppa. La mattina dopo, insieme alle persone che stavano lì, abbiamo liberato il cortile della scuola per fare spazio a cucine, bagni, infermerie ecc… messe a disposizione dalla municipalità.

Una volta sistemate queste strutture, cucinare non era più un’urgenza; in ogni caso, ai margini del parco dove avevamo piantato le tende è rimasta una cucina sempre in funzione.

Nel frattempo, abbiamo cercato, con le nostre macchine, di assicurare la logistica di emergenza, portando gli aiuti arrivati grazie all’ondata di solidarietà nelle città, nei quartieri più lontani e nei villaggi circostanti, dove si concentravano le persone che lavoravano e aspettavano accanto alle macerie.

La mappatura organica di cosa c’era e cosa fosse effettivamente necessario, di dove si trovasse, era in continua ridefinizione. Abbiamo condiviso dolori, emozioni, speranze con tutte le persone che abbiamo incontrato; sono nate amicizie.

Dopo la prima settimana, possiamo dire chiaramente che Antakya è distrutta. Nonostante la devastazione, la gente di Antakya non vuole perdere la propria città. C’è una volontà incredibile di ricostruzione. Noi siamo qui con tutte le nostre risorse sia locali che non con cui siamo entrati in contatto. C’è molto lavoro da fare. Ci sono infinite dinamiche, ognuna delle quali richiederà il proprio tempo. Aiuteremo la città a rifiorire.

Avevamo molti legami ad Antakya, abbiamo riallacciato i contatti con loro e con molti altri, e lavorando al coordinamento degli aiuti ne abbiamo stabiliti di nuovi. Abbiamo detto addio all’Antakya che conoscevamo. Oltre alle aree su cui ci siamo concentrati, siamo in contatto con molti dei nostri compagni che stanno svolgendo un lavoro simile nei quartieri dei migranti e in altre aree colpite dal terremoto.

La devastazione è tale che supera la capacità umana di osservare e comprendere. Ci sono voluti diversi giorni per coglierne la portata, e ancora cerchiamo di capire. C’è il serio pericolo che la rabbia derivante dall’impotenza di questa devastazione venga indirizzata contro le persone migranti attraverso manipolazioni razziste, anche se ad Antakya tutti raccontano storie di persone migranti siriane, oramai parte integrante degli abitanti della città da un decennio, che scavavano con le mani tra le macerie per raggiungere i loro vicini. Siamo attenti e vigili a discorsi e comportamenti discriminatori sulla base dell’etnia, del settarismo o dell’affiliazione che mirano a danneggiare la cultura di coesistenza della città.

Il governo non sembra cercare di dare alle persone molte motivazioni per rimanere qui. Il supporto di tende, ecc. è molto limitato; si incoraggia ad andare via.

Alcune famiglie sono andate dai loro parenti nei villaggi circostanti, mentre altre si sono trasferite in città più lontane con la speranza di tornare non appena le macerie saranno rimosse. Seguiamo con interesse la questione della migrazione fuori regione e la situazione delle persone migranti siriane.

Abbiamo parlato con molte persone del futuro e ci siamo scambiati opinioni. Chi è riuscito a recuperare i propri parenti dalle macerie, vivi o morti, ha iniziato a chiedersi che tipo di processo aspettarsi. La nostra previsione è che il governo e le aziende cercheranno di impossessarsi dell’intera area e, attraverso la gentrificazione, attuare un passaggio di proprietà in città. Quest’idea era già diffusa tra molte persone, soprattutto nei quartieri dove le relazioni comunitarie erano più strette e organizzate.

Dopo una settimana impegnati nell’emergenza, ci siamo spostati da Antakya a Adana per riposarci e fare il punto su quanto fatto fino a quel momento e parlare di cosa avremmo fatto in seguito.

Per prima cosa, abbiamo invitato le persone a resistere alle vendite forzate e a non firmare alcuna proposta prima che la situazione si sia stabilizzata, che le persone abbiano avuto il tempo di elaborare il lutto, e che la questione venga monitorata da vicino.

L’intera città è stata letteralmente spazzata via e certamente abbiamo davanti una nuova era. Ci diamo da fare ora per far rifiorire la vita in città. Abbiamo alcune idee che metteremo a punto con altri gruppi e collettivi. Tutto può cambiare da un istante all’altro; mettendo da parte i calcoli complessi e su larga scala che richiedono una pianificazione a lungo termine, siamo qui, ad agire in modo situazionista. Al momento stiamo pensando di aprire, insieme ai nostri amici qui, uno spazio sociale ai margini del centro della città, come base per organizzare le nostre attività produttive nel prossimo periodo.

Da domani torneremo a Hatay per due giorni. Alcuni di noi torneranno a Istanbul per portare avanti le necessarie comunicazioni di solidarietà. Ci daremo il cambio.

Nei quartieri ci sono comunità di famiglie allargate autosufficienti e resistenti. Le relazioni sociali esistenti nei quartieri si prestano bene a sforzi congiunti per le pratiche di reinsediamento locale. Vogliamo esserci e continuare a lavorare con i nostri amici che vivono qui per far fiorire una città olistica e più egualitaria possibile.

Stiamo discutendo, in primo luogo, della creazione di un’installazione modulare non strutturata da usare come spazio sociale in grado di rispondere a diverse esigenze. Uno spazio per attività sociali, dove gettare le basi di idee cooperative, ma anche un luogo che può essere utilizzato per diverse necessità, come azioni di solidarietà per le persone migranti o per le équipe di riabilitazione psicosociale; la forma fisica di questo posto si definirà man mano a partire dalle pratiche avviate.

Per ora, questo è ciò che possiamo fare con le risorse che abbiamo a disposizione, senza perderci in spazi giganteschi. Siamo all’inizio. Torniamo con una ferita viva nel cuore, che non lasceremo rimarginare. Fianco a fianco, spalla a spalla!

dalla Cilicia urbana alle campagne di tutto il mondo

con i nostri cuori, con e per i nostri compagni e le nostre compagne

 

tayfa bandista, febbraio 2023

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