“Così com’è arrivato, se n’è andato” (geldiği gibi, gitti). Si può riassumere così la vicenda di Melih Bulu, l’ormai ex-rettore dell’Università del Bosforo (Boğaziçi). Nominato il 2 gennaio per mezzo di un decreto del presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdoğan firmato nel cuore della notte, è stato rimosso allo stesso modo nelle tarde ore del 14 luglio. In mezzo, oltre sei mesi di proteste ininterrotte, creative e pacifiche da parte degli studenti e del corpo accademico. Gran parte della comunità di Boğaziçi infatti si è da subito opposta alla nomina di questo rettore “kayyum” (fiduciario), strettamente legato al partito di Erdoğan ed estraneo alla comunità.
Nonostante non sia stato il primo (né l’ultimo) rettore nominato direttamente dal presidente della Repubblica – dai primi anni Ottanta la legge turca assegna al Consiglio Superiore dell’Istruzione (YÖK) e al Capo dello Stato il potere di nomina dei vertici delle università -, la sua designazione ha fatto da subito molto scalpore. Da un lato per il prestigio dell’Università del Bosforo, considerata una delle migliori del Paese, assegnata alla guida di un docente ad essa esterno e dalle dubbie credenziali accademiche. Dall’altro per la tradizione democratica di questo ateneo: nell’assegnazione dei rettori, le istituzioni turche avevano sempre tenuto in considerazione gli esiti delle consultazioni interne al corpo accademico. Infine, per l’immediata e veemente reazione della comunità di Boğaziçi, guidata e organizzata soprattutto nella piattaforma Boğaziçi Dayanışması, che ha tenuto viva la protesta garantendo la sua continuità nelle più svariate forme: dai classici sit-in e cortei a mostre d’arte, concerti e atti dimostrativi come il duran adam (una forma di protesta che trae ispirazione dal gesto del performer Erdem Gündüz, che nel contesto delle manifestazioni antigovernative del 2013 manifestò il proprio dissenso fermandosi immobile di fronte al parco di Gezi, luogo simbolo delle proteste).
“Non è una conquista”
Nonostante l’importanza simbolica della rimozione di Bulu dal ruolo di rettore, che rappresenta sicuramente un passo indietro del presidente Erdoğan di fronte a una protesta pacifica e determinata che neppure la repressione poliziesca e giudiziaria è riuscita a fermare, i Boğaziçili sono prudenti e si guardano bene dal cantar vittoria. Nel profilo Twitter della piattaforma Boğaziçi Dayanışması si legge: “La rimozione di un burattino nominato a mezzanotte per mezzo di un’altra rimozione a mezzanotte non è una conquista, esprime solamente la crisi dell’incapacità di governare e l’inettitudine del palazzo”.
Da subito, infatti, la rivendicazione avanzata dalla comunità accademica del Bosforo non è stata la semplice revoca dell’incarico a Melih Bulu, ma il pieno rispetto della democrazia e dell’autonomia dell’Università. E, una volta che la protesta di Boğaziçi ha assunto dimensioni e portata nazionali, specialmente dopo la repressione e gli arresti a danno dei manifestanti nel mese di febbraio, la richiesta di diritti, eguaglianza e democrazia è stata rivolta all’intero sistema politico turco.
È per questo che l’ennesima “decisione di mezzanotte” del presidente turco non lascia soddisfatti gli studenti. Ed è anche perché a prendere il posto di Bulu sarà Naci İnci, professore del Dipartimento di Fisica di Boğaziçi, tra i primi ad accettare l’incarico di vicerettore e per questo contestato dalla maggioranza dei suoi colleghi e studenti, che premevano affinché i docenti rifiutassero eventuali proposte di incarico provenienti dal rettore “kayyum”. Lo stesso İnci, inoltre, è stato al centro di contestazioni ancora maggiori in seguito a un’altra decisione di Melih Bulu che lo riguarda: quella di nominarlo, il 2 marzo, alla guida dell’Istituto per le Scienze Sociali di Boğaziçi, nonostante lo stesso Istituto avesse svolto delle elezioni designando come presidente il professore Ünal Zenginobuz con 197 voti favorevoli e solo 4 contrari.
I problemi non finiscono con Bulu
Tra le tante voci degli studenti abbiamo raccolto quella di Umut, Boğaziçili della facoltà di Ingegneria, che ha raccontato le sue reazioni e quelle dei suoi colleghi alla notizia giunta nella notte. “Da un lato siamo molto felici, perché in un certo senso rappresenta una vittoria”, sostiene Umut, che è in continuo contatto con amici e colleghi che discutono la notizia dal campus sulle rive del Bosforo. “È un continuo viavai di notizie e aggiornamenti sui vari canali social dell’Università”, l’eccitazione è tanta per una decisione che dà ragione e arricchisce il senso dei mesi di protesta e resistenza, dando nuove energie e speranze ai Boğaziçili e non solo.
“Il presidente e il governo sono in difficoltà in questo periodo, stanno perdendo il supporto della popolazione e sono in difficoltà anche sul piano internazionale, specialmente dall’inizio della pandemia”: è in questo contesto che va spiegata, secondo Umut, l’efficacia delle azioni di protesta proseguite con determinazione nonostante tutti gli ostacoli, “se fosse successo qualche anno fa, non credo che ci sarebbe stato questo passo indietro”. Ed è proprio per questo che alla soddisfazione fa da contraltare un velo di preoccupazione, perché non si tratta di una svolta verso una maggiore democraticità nel sistema universitario e nel Paese, ma di un momento di debolezza politica contingente che lascia incertezze sulle mosse che saranno prese in futuro.
Ciò che chiedono ora a Boğaziçi è ciò che da subito ha costituito la base del movimento di protesta: “che si svolgano delle regolari elezioni e che sia il corpo accademico a determinare il successore del kayyum Bulu e del velaketen (delegato) İnci”. Se, come detto, “da un lato siamo felici per questo passo indietro”, dall’altro gli studenti si aspettano che la decisione sul prossimo rettore avvenga con le stesse modalità della precedente, “per tornare nuovamente a indignarci”. (C.S.)
Immagine di copertina: Firuz Kutal