Turchia, cultura e società

Tango queer. Intervista a Faysal Tekoğlu

in Società/Spazi

Il tango queer è un tango che elude ogni convenzione di genere, in cui si è liberi di ballare con chiunque indipendentemente dal sesso e nel ruolo che si preferisce, conducendo o seguendo e spesso invertendo i ruoli nel corso di un singolo ballo. Benché dal punto di vista tecnico il tango queer non preveda alcuna differenza rispetto al tango argentino, si distingue dal celebre ballo di Buenos Aires proprio per scardinare i ruoli eteronormativi dei ballerini. Il tango queer è arrivato in Turchia grazie a Faysal Tekoğlu, curdo di Diyarbakır e da vent’anni stanbuliota, che nel 2008 ha organizzato le prime lezioni nella sua città adottiva. Da allora il tango queer si è ritagliato uno spazio nel panorama del ballo e soprattutto nell’attivismo. Ripercorriamo insieme a Faysal questa esperienza.

 

Come nasce il tuo legame con il ballo e come sei arrivato a insegnare tango queer?

Mi sono avvicinato alla danza nel 1984 con i balli popolari, di cui poi sono diventato insegnante. Nel 1998 mi sono trasferito a Istanbul e ho scoperto il tango. Ho cominciato a praticarlo, nel 2004 a insegnarlo, e in questa esperienza è germogliata in maniera naturale e quasi inconsapevole l’esigenza del tango queer. Viviamo in una realtà che comprende molte identità e mi domandavo perché queste non fossero presenti nel tango, perché non ci fossero gay, lesbiche, bisessuali, trans, intersex, ma solo maschi e femmine. Fondamentalmente questa domanda nasceva dal fatto di essere curdo: in un paese in cui tutti devono essere turchi, dobbiamo anche essere per forza maschio e femmina nella danza? Nel 2008 ho organizzato i primi workshop e nel 2010 sono nati i corsi.

Come definiresti il tango queer?

Il tango queer è un ballo libero da ruoli di genere, lontano da qualsiasi forma di razzismo e sessismo. È un tango che propone nuovi modi di relazionarsi includendo ogni identità sessuale e di genere.

E cosa rappresenta per te?

Per me il tango queer è libertà. È stare insieme, danzare quando si vuole nel ruolo che si vuole, è inclusione. Ed è ciò che mi fa sperare nel futuro, che mi suggerisce che un altro mondo è possibile.

Quanto è diffuso il tango queer in Turchia?

Per ora è una realtà che si trova solo a Istanbul e in tutta la Turchia l’unico insegnante sono io. Ogni tanto organizzo workshop in altre regioni, ne ho tenuti a Bursa e Ankara, ma si tratta di iniziative di breve durata. Sto cercando di avviare dei corsi a Izmir, spero che a breve potremo parlare di Izmir e Istanbul come realtà continuative.

In che rapporto sono il tango queer e quello tradizionale in una città come Istanbul, nota nel panorama tanguero internazionale come una delle capitali di questo ballo?

Non so se si può parlare di un vero e proprio rapporto. Siamo conosciuti e questo è già un traguardo, ma oltre a sapere che nel tango queer si può ballare uomo con uomo e donna con donna non credo che finora i tangueri tradizionali abbiano colto il senso di quello che facciamo. Qualcuno ha anche provato a lanciarsi nel “mercato” del tango queer, per business, ma non ha funzionato.

Quali sono le difficoltà del tango queer in questo paese?

Portiamo avanti il tango queer come uno spazio di lotta ma non abbiamo mai subito pressioni a livello istituzionale, forse perché non hanno ancora capito cos’è. (ride) Gli attacchi verbali sono all’ordine del giorno: ci chiedono se siamo froci, invertiti, ci sono uomini che sostengono di essere lesbiche, altri che non ci vogliono vedere danzare e ci dicono di organizzare serate per conto nostro, ma sinceramente non considero questi dei veri problemi. La difficoltà maggiore sta nel fatto che siamo pochi e non sempre si riesce a dare continuità ai corsi. Se cresciamo di numero tutto si risolve.

In passato i tuoi corsi hanno cambiato diverse sedi, per quale motivo e dove si svolgono abitualmente?

La mia prima scelta sono le sale da ballo ma capita di dover ripiegare su bar e locali quando il numero di partecipanti non basta a coprire le spese di affitto. Sicuramente ci teniamo alla larga dai locali che intuiamo poter essere sessisti e razzisti.

Che rapporto c’è tra il tango queer e la comunità LGBTQI+?

C’è un rapporto molto stretto e ci sosteniamo a vicenda. Per esempio nel 2011 abbiamo preparato una performance per la Settimana dell’orgoglio e l’abbiamo portata alla marcia finale creando un segmento di tangueri queer all’interno del corteo. Detto questo, non chiedo mai l’orientamento sessuale dei miei allievi, chiunque può partecipare ai miei corsi purché non sia sessista.

Più in generale, che relazione c’è tra tango queer, attivismo e politica?

Il tango queer è già di per sé attivismo e politica, un attivismo molto pratico e immediato in difesa di uguaglianza e libertà. Si può fare tango queer senza essere antisessisti? No. Potrebbe una persona fascista, omofoba o transfobica ballare un tango queer? Mai. L’attivismo e la politica nel tango queer partono da qui e portano delle soluzioni, la relazione tra i tre è molto fruttuosa. Potrà suonare esagerato ma con il tango queer possiamo cambiare il mondo.

Attraverso il tango queer non ti batti solo contro sessismo e discriminazioni di genere ma sei stato in prima linea anche per lotte che non toccavano nello specifico la comunità LGBTQI+. Mi riferisco soprattutto alle iniziative del 2013 e 2014 contro la chiusura della storica stazione ferroviaria di Haydarpaşa. Come mai hai abbracciato proprio questa causa?

Le piazze, le strade e i luoghi storici di una città sono la memoria stessa della città e dei suoi abitanti, chi vuole cancellare la memoria collettiva lo fa partendo da questi spazi. La stazione di Haydarpaşa è un posto speciale per me: mio nonno, mio zio e mio cugino erano ferrovieri, mio zio e mio cugino hanno lavorato a Haydarpaşa per molti anni e quando da piccolo venivo a Istanbul con mio nonno quello era il capolinea. È così per chiunque venga dall’Anatolia, tutti hanno una storia legata a Haydarpaşa. E io, come molti altri, non volevo che quel luogo fosse cancellato dalla memoria.

In che modo hai portato il tango queer a Haydarpaşa?

La Piattaforma solidale di Haydarpaşa, nata prima di quella di Taksim e Gezi Park per volere delle stesse persone, organizzava azioni di protesta due volte a settimana. Quando mi hanno chiesto di ballare qualche pezzo durante queste proteste ho controproposto una serata di tango alla stazione in modo da creare un’azione collettiva e ottenere maggiore risonanza. La prima milonga è stata nel maggio 2013 ed è stata molto partecipata, così abbiamo deciso di ripetere e siamo andati avanti per un anno con una serata al mese, con 350-500 partecipanti ogni volta. Abbiamo anche organizzato eventi con gli amici di latino americano e swing e in quei casi l’affluenza è stata di 1500-2000 persone. Queste serate hanno attirato la stampa, soprattutto straniera, mentre in Turchia hanno parlato della nostra protesta solo i media indipendenti.

Haydarpaşa è un caso esemplare di ballo di protesta.

Sì, le nostre serate hanno aumentato la visibilità della protesta sensibilizzando molte persone alla causa. Sono dell’idea che ognuno possa partecipare alle lotte di resistenza con i mezzi che ha, noi avevamo il tango e attraverso il tango abbiamo protestato. Le uniche reazioni negative in quel periodo sono arrivate dagli organizzatori di alcune milonghe che ci hanno accusato di rovinare le loro serate. Per il resto è stato un periodo molto bello.

Hai portato il tango queer a protestare anche in altre occasioni…

Sì, ho organizzato altri eventi simili a quelli della stazione, per esempio in difesa dell’uso civico del parco Yoğurtçu a Kadiköy. Anche quelle serate hanno avuto un buon seguito, seppur minore rispetto a Haydarpaşa.

E il tango queer era anche a Gezi. Quando si parla di tango e Turchia la prima immagine che viene in mente in Italia è quella dei tangueri che ballano a Gezi Park indossando le maschere antigas; c’eravate anche voi…

Sì, abbiamo ballato anche a Gezi anche se in quell’occasione non ero io l’ideatore dell’iniziativa. Quando, come in quel caso, veniamo invitati a partecipare a eventi in cui crediamo, li sosteniamo il più possibile: facendo rete, diffondendo l’invito, andando e soprattutto ballando.

(vm)

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