Turchia, cultura e società

Torbido

in Racconto/Scritture

Un racconto di Nezihe Meriç


Quando il cognac cominciò a fare effetto e la testa a girare, i pensieri si fecero deliranti. “Se ora mi mettessi a urlare ‘mi fate tutti schifo’, chissà cosa farebbero…” Rise tra sé e sé. D’altronde era tra sé e sé. Seduta sulla poltrona di fianco alla radio. Una coperta di cotone sulle ginocchia, il maglione di lana sulle spalle, trentasette e otto di febbre, sedeva distratta, confidandosi con se stessa.
“…Forse mi sto ubriacando. Queste sono cose da Birsen. Ho un po’ di febbre, un accenno di tosse, e ecco che mi mette sotto il naso un tè al cognac, e pure in un grosso bicchiere. Se Adnan mi vedesse in questo stato… Davvero, non mi ha mai vista malata. Che gioco rumoroso è questo? I nostri rispettabili adulti si divertono. Poker… Il nome di questo maledetto gioco. Eppure giocano solo per passare il tempo. Pokeristi! La grande trovata di Birsen che si aggira qua e là. Cioccolata Golden e liquore alla banana al posto dei soldi. Dici niente, cara! La Golden sta a nove lire al chilo. Il liquore sui duecentocinquanta di sicuro. Cos’è di fronte a quattrocento mila tubercolotici. Una goccia nell’oceano. Cosa prendo, che ne so. Ma per mangiare mangio. Questa mia fuga dalla dilapidazione d’altronde, questo mio cinguettio, il popolo qui, il popolo lì, la fame, la povertà è un po’ artefatto. Io non mi rimetto. Prima ho perso la speranza in me stessa. Non è che le persone… Il signor avvocato che significato darà mai a questo mio modo di restare seduta in un angolo in silenzio? Secondo me, con quella faccia da lupo non somiglia affatto a uno che vince le cause. Ed è pure così chic! Guardalo lì, morirà di piacere in mezzo a quattro ragazze. Berran prova a spiegare: Io, sono la rispettabile sorellina, Birsen, la figlia di nostro zio, Zerrin una cara amica. Il collegio, l’Università di Lingua e Storia di Ankara, la facoltà di letteratura e di diritto, sono tutte qui. Una cerchia piuttosto elevata, non c’è che dire! Gilet stretti, gonne strette, capelli corti che scoprono la nuca, guance arrossate dal liquore… I baffi sottili del signor avvocato, fuori la notte e la neve, dentro un’aria calda e allegra… Ah la bella vita! Che famiglia tipica. Diamine! La pancia piena, la schiena dritta, soddisfatti dell’ambiente rilassato offerto dalla classe media… A gettare un’occhiata veloce, ogni cosa, dalle abat-jour al vaso di cristallo, da quello alla faccia ricoperta di cipria Caron della Zia Sevim e gli occhiali cerchiati d’oro dall’aria circassa di quest’altra mia zia; fino alle unghie lunghe che Birsen comincia a dipingere dopo aver lanciato un “pardon mi”, tutti… Sorella sono completamente ubriaca. Oppure ho la febbre alta perché mi gira la testa. Cos’è questo? La voce di Berran: “Konfekshionpink Signore?” È il colore dello smalto. Più in basso di così non si può. Il signor avvocato impara il colore dello smalto. Ah, avvocato, che il diavolo ti porti. Non ha un libro da leggere quest’uomo? Delle strade amate in cui camminare con questo bel tempo, un amico cui fare un saluto? Una grande industria, eh? Sviluppo nazionale, l’ideale della Turchia illuminata, non so cos’altro… Chiacchiere! Tutte insulsaggini. Seduti qua a far niente. La vuotezza… Devo smettere di ascoltarli, mi innervosisco. Che ore sono? Tra un po’ alla radio daranno musica sinfonica. Almeno mi ritiro in altri mondi. Come la guarda Birsen. Sembra che anche la sua cravatta parli, voglio dire. Anche lui aveva una simile cravatta grigio-giallo. “Non sono in pena perché vado via, ma per non poter più camminare con te le sere di nebbia da Dolmabahçe a Taksim” ha detto. Se ha gettato l’amo nel Tamigi, significa che andrò anch’io. Fantastico! E sia. La realtà è che adesso non è qui. Orribile… Il suo modo di fumare la pipa. Il suo parlare strizzando gli occhi, le sigarette offerte alle ragazze, sono tutte pose. Perché i ragazzi della nostra generazione sono così? Non ho mai incontrato un uomo per bene tra loro. La maggior parte assume il ruolo di Jon l’americano! E noi cosa siamo? Lascia perdere santo cielo. Berran fuma la sigaretta riparandosi dietro al buffet. Questo significa che non siamo diventate ancora ultramoderne. Che situazione umiliante per noi! Perché io sono così? O meglio perché sono diventata così? Vuota, rigida, piatta… “Shh sentite, Mori yelelelli…” Chi è questa? La signora İfakat. Deve aver vinto…  Ha vinto… Oh, ma che gioia quelle Shh civettuole! La donna punta chiaramente mio padre. Siamo completamente marci… Mia madre, ah cara, come sorride quieta quieta. Dopo Madame Luiz, si è come svuotata. Madame Luiz che aveva fatto impazzire mio padre… Madame Luiz dico!… Mia madre sapeva di non poter competere con lei. -Questa tosse è odiosa.- Mio padre che lascia la casa, che porta sempre rispetto a mia madre… La faccenda è questa probabilmente. – Che brutta tosse. – Adesso capisco. Una specie di debito d’amore nei confronti di mio padre; questa indulgenza che mostrano le madri verso i figli di fronte alla crudele salvaguardia dell’onore. Probabilmente è così. Ma quel vecchio blu brillante della nostra infanzia è sparito dai suoi occhi. E la voce si è inspessita dalle troppe sigarette. Da piccole gridavamo dal giardino: “Mamma…” Dalla frescura delle stanze, dei corridoi giungeva la sua voce giovane: “Cara?” “Dammi il pane…” “Anch’io lo voglio…”  Berran perdeva sempre le mutande, piangeva a singhiozzi nel gabinetto. Birsen anneriva i nostri quaderni in un batter d’occhio… Anche noi siamo state bambine eh? Che strano! Significa che la nostra infanzia è rimasta nel 1943, gli anni in cui eravamo felici? Tutti sono rimasti senza’altro in qualche posto simile. Ecco la BBC. Addirittura Thomas Bichem! Questa radio è stupenda. Credo mi faccia male la testa. Ho preso un gran freddo. Fanno troppo rumore questi pokeristi però… Quel grosso signor Nüzhet è davvero un uomo come si deve… Zerrin ha delle braccia ben belle. Non me ne ero mai accorta. Una bella ragazza. Come si fa a ascoltare la musica con questa confusione.  Cosa, cosa? Cos’è che dice quel signor avvocato? “Com’è possibile, una giovane ragazza elegante come lei non crede all’amore?” Zerrin esplode: “Signore, la prego, non riduciamo la cosa a una mera questione uomo/donna. Certo, esiste una cosa non completamente spiegabile tra le nostre anime, una cosa che lega la donna all’uomo, addirittura divina, o che come Dio non riusciamo a spiegare, voglio dire, senza dubbio c’è  qualcosa che si chiama amore. Una cosa pulita. Ma il problema principale è la persona che oggi vive all’interno della società, che si è elevata agli ideali dell’UNESCO. L’amore non può mai vivere per il bene della società. La prego.” “Ah, o lei non è mai stata innamorata, o non è sincera.” Guarda che risposta! Prendi l’avvocato, mettilo su una mensola, e lascia che si ricopra di polvere. Ma senti l’avvocato… E pure con un sorriso sulle labbra, la canaglia farebbe mostra di libertinaggio. Come funziona la testa dei tipi come lui? Per lui cioè l’importante è dire amore e simili per intavolare un argomento elettrizzante. E le nostre si pavoneggiano come idiote… Ascolto senza sapere cosa stia suonando. Non ho mica sentito mentre lo speaker annunciava il pezzo… Ma cosa succede a Birsen… Seduta alle mie ginocchia, assorta. Il primo amore dei ventidue anni… Ti accorgerai presto quanti conigli tira fuori dal cilindro l’uomo di Konya, mia cara. Uff! Quasi quasi vado a dormire. Non sarebbe educato. Ma sono veramente malata, eh! Rientrerebbe nella maleducazione? Quanto si somigliano Berran e Zerrin. Dopo tanti anni di amicizia, i loro discorsi, i loro movimenti si somigliano tutti. “Lei non parla mai?” Il signor avvocato a me. “Sì” ,“Come sì?” “Confermo le sue parole.” Si è adombrato il gran signore. Non mi piace questo nuovo nostro amico. Deve piacermi per forza? Di noi pensa questo: “Ragazze educate, intelligenti, ma non hanno l’aria di poter fare al caso nostro. Vieni dolcezza, balliamo la samba. Non so per cosa, ma sono molto offesa.  Se gli tirassi un pugno in piena faccia, se si appiccicasse al muro. Cos’è che dice? Scappa. Questo è mostrarsi aggressivi e scappare. “Nonostante tutto molte ragazze giovani trovano del tutto normale flirtare con uomini sposati, non è vero?” Subdolo, abietto, una vera bassezza ecco. Vuole dire questo a Berran: “Vuoi fregare anche noi?”. E dillo a voce alta fratello. Berran è impallidita! Su ragazza mia, forza Berran, fagli vedere chi sei. Il nostro onore è in mano tua. “Quel dottore suo amico che mi conosce l’ha ingannata ben bene. Dopo essersi mostrato in giro con un uomo sposato ha voluto provarci con noi. Una volta rifiutato, ci ha ricordato che avevamo ventisei, ventisette anni e ci ha raccomandato la rivista Seksoloji. Che finezza, no? E lei non si nasconda dietro le parole. Venga fuori che possiamo vedere la sua statura…” Ride l’uomo. Giuro che ride; come può ridere? Anche questo della nostra generazione. “… Ma non c’è dubbio…” No, ascoltate. Flirtare con uomini sposati è immorale. L’amore, eh, sì, può essere. E allora si è costretti come ha detto Zerrin a distruggere i propri sentimenti in nome della salvezza della famiglia e della società. E sappiate questo, il prezzo di tale reputazione è la donna a pagarlo. Per dirla apertamente, pardon, tra la gente si dice così:  Persino la virtù della puttana non guarda gli uomini sposati…” Ah stai scoppiando figliolo! Ma il battito di Berran si è fermato, lo so. Il muro dritto non crolla, si piega, dicono. Che peccato. Non dovevamo capire così tanto la vita! Incredibile, l’avvocato è arrossito. Ma daaai… Parlano tutti e tre insieme. Puh! Vale la pena discutere dopo che non è servito a nulla? Se andassi a dormire. Mondo marcio. Appoggio la testa alla radio. Alzo un poco il volume. Oh, che bella la mia mamma! Adnan che dice:  “Tutti sono un po’ poeti.” Pensieri… Pensieri, momenti, tutti mescolati insieme… Mi gira davvero la testa… Che bella la musica. Un assolo di piano e la voce di Zerrin: “Quella donna è la sua
maîtresse , quell’uomo il suo amante.” Chi sarà il solista? Queste ragazze sono impazzite. Quasi stanno per strozzarlo e metterlo alla porta. “…Case d’appuntamento, mariti che danno in prestito le mogli, donne, uomini, immoralità… immoralità… sentiamo sempre le stesse cose in questo ambiente, sempre le stesse cose… Qualunque famiglia, istituzione andiate a rivangare, ne esce un putiferio… Ora diteci a cosa possiamo credere, di cosa possiamo fidarci?” Cosa può mai dire, per l’amor del cielo! Ringrazia già che non parli come quel suo amico dottore! Il signor avvocato si fa serio. Eh… Cosa può fare… “Signore, a dire il vero è una causa sociale.” Ah, la mia testa. Come tossisco. Dov’è Birsen, che non mi senta. Meno male che ha imparato la ricetta del tè al cognac…. A cosa stavo pensando? Ah! Berran aveva ricevuto una lettera anonima. Sulla causa sociale e simili. Come si è arrabbiata! Si può dimenticare il mondo dalla tristezza, fare sciocchezze fino a rovinarsi la salute perché quello “Si è innamorato di me, è pronto a distruggere casa e famiglia”?, eccoti il premio. L’autore della lettera non aveva mostrato l’onestà di dirlo apertamente, ma girandoci intorno aveva voluto dire “Sei tu la disonesta”. Ma tu che hai scritto, ma la conosci Berran? No che non la conosci! Lo sai il rovescio della faccenda? Non lo sai! E allora? Per dirla con mio padre, sei un asino, fratello. Ignobili. Hanno fatto perdere il sorriso alla ragazza. Che dio li maledica… Zerrin, non gridare mentre parli, amore, mi rimbomba il cervello… Cos’è successo in Anatolia? Di’, di’, Ahmet  ha scritto: “Vieni in Anatolia e vedi come l’onore della gente si è ridotto a due lire” L’Anatolia… Dio mio… La stanza, la casa, la città si allontanano da me. Vanno e vengono. Sto sudando. Da piccola soffrivo il mal d’auto. Mi sentivo esattamente così… Inganno… Collegi… Rivoluzioni… Gira, signore, gira… Oh la mia testa… Come faccio a eclissarmi. Magari non fossi mai uscita. È la prima volta che vengono a casa nostra, ora non posso. Non ho mai visto un poker tanto rumoroso. Ci fosse almeno un po’ di silenzio. Si mescola la musica. Ecco i violini! Aspettavo questo brano. Ricordo questo pezzo ma non mi viene a mente. Oh, grazie al cielo… Adesso tu sei lassù a Londra, eh? Il molo dell’isola era completamente vuoto. Un bambino stava pescando. Era giugno. Com’era bella l’aria di primo mattino. Dall’altro lato giungeva il rumore delle barche. Il fioraio gridava: “Margherite. margherite…” ci mettemmo a ridere ricordandoci di Birsen che chiedeva: “Come si chiamano quelle camomille giganti?” Come ridevamo bene insieme. Adesso tu sei lassù a Londra. Oh mio Dio. Dici che il Tamigi attirerà anche me? “D’altronde è questa la democrazia!” La democrazia? Dei democratici… I populisti…  Democratici… Sento tutto a pezzi e bocconi. Ancora discussioni. Gli è presa la vena dell’avvocato. Deve per forza capire tutto fischi per fiaschi. E Zerrin e Berran? Qualcosa le tiene ancora. Sono ancora speranzose. Ma perché io sono diventata così? È da un pezzo che ho fatto suonare il mio fischietto io. Ognuno costruisce da sé il proprio destino. Eccellente! Noi non l’abbiamo fatto, ecco. L’altro giorno mio padre diceva qualcosa come “Il frutto della vostra educazione…”  Il frutto della nostra educazione eh? Ohh! Cielo, mi fa male il cervello. Questi restano seduti qui fino a mezzanotte. E io anche…”
Chiuse gli occhi, si assopì lievemente. Le ore passavano, il poker si infiammava, i conversanti continuavano a discutere alzando sempre più la voce. Una cosa subdola, torba, disgustosa, sudata, dozzinale si diffondeva nel sonno, nel corpo, tra le persone, nella città, nel mondo, opprimeva, lasciava senza fiato. Nel sonno cominciò a sentire la voce di Zerrin come rimbombasse dentro una cupola.: “… Cos’è che ci hanno dato perché possano pretendere qualcosa? Se noi siamo diventate adulte e ci siamo salvate, quell’orgoglio appartiene a noi. Non alla famiglia, né alla società. Posso dimostrarlo…” Poi le voci cominciarono di nuovo a sibilare, a allontanarsi mescolandosi tra loro. “Povertà, sporcizia… Secondo mondo… dopo la Seconda Guerra mondiale,  la prostituzione all’interno della regola di vivere giorno per giorno che avvolge l’Europa… Crollo della morale…” La voce di Berran brillava acuta in primo piano, rancorosa, irritata, le si piantava in testa: “Fuorigioco signore, fuorigioco! Il nostro modo di non sentirsi responsabili di fronte a niente. Liberarsi dalla madre, dal padre, dal concetto di amicizia e solidarietà, ovvero dalla famiglia, dalla società, dall’umanità, vivere credendo ciecamente a un Dio, scoprire che tutte le istituzioni della società sono marce… Vado avanti? Ciò che serve come il pane, come l’acqua per vivere, credere, avere fiducia, non riuscire a trovare la forza di lavorare… Sguazzare nei fatti quotidiani, nei pettegolezzi…” Voleva gridare nel sonno: “Oh la mia testa… la mia testa… Il pendio non può essere in salita, salvatemi… salvatemi… la volontà di credere eh, certo… salvatemi, salvatemi…. chi, cosa, cos’è successo, che c’è…”
Quando Berran la chiamò dolcemente “Bilge…” si riebbe scrollandosi:
“Cosa urli, sei impazzita?”
“Ah sì, chi è che urla?”
Vedendo che ridevano anche lei sorrise:
“Mi ero addormentata.”
“Dai, vatti a sdraiare, guardati gli occhi, tutti arrossati!”
“Andate a dormire anche voi.”
“Su, su forza, non siamo estranei qui.”
“Prima di andare a dormire portami un bicchier d’acqua, leonessa.” Berran schizzò in piedi:
“Aspetta lo prendo io.”
“Ferma ferma, ora lo porto.”
Si alzò per prendere l’acqua, uscì. Mentre passava per il corridoio buio le cadde l’occhio sulle stanze da letto illuminate. Birsen si era eclissata da tempo, nel letto, i bigodini tra i capelli. Vedendola la chiamò:
“Oh Bilge, per l’amor del cielo vieni qui.”
Rideva con tutta l’aria infantile dei suoi ventidue anni:
“Sai a cosa penso?”
“Che?”
“Lo sai cosa?”
“E dai, prendo freddo…”
“Pensavo… Quel signor avvocato, chissà come bacia, mi chiedevo!”
Era piegata dal ridere. Bilge la guardò e la riguardò: “Eh… complimenti!” disse, “mi arrendo!” e rise. Si fermò e tra un colpo di tosse e l’altro rise ancora. Poi mentre continuava a ridere, scuotendo la testa attraversò il corridoio e entrò in cucina a prendere l’acqua.


Trad. G. Ansaldo

Torbido è un racconto di Nezihe Meriç pubblicato con il titolo Bozbulanık nella raccolta omonima pubblicata nel 1953.
Diritti riservati per la traduzione italiana, ©Kaleydoskop, 2018 (su concessione della casa editrice detentrice YKY).

Nezihe Meriç (1925-2009) è nata a Gemlik in provincia di Bursa. Ha studiato lingua e letteratura turca all’Università di Istanbul senza terminare gli studi. Tra il 1952 e il 1972 ha diretto la rivista e casa editrice Dost di cui era proprietaria assieme al marito scrittore e editore Salim Şenlik.
Ha pubblicato il suo primo racconto sulla rivista Istanbul nel 1945. Bozbulanık  è la prima raccolta di racconti a cui hanno fatto seguito altre sei raccolte, l’ultima del 2008, un romanzo, alcuni pezzi teatrali, quattro libri per l’infanzia e un libro di memorie.

Per il romanzo Korsan Çıkmazı (Vicolo dei pirati) è stata insignita nel 1962 del premio dell’Istituto di Lingua Turca TDK, per la raccolta Bir Kara Derin Kuyu (Un profondo pozzo scuro) del Premio per il Racconto dedicato a Sait Faik nel 1990 e del premio Sedat Simavi nel 1998. Membro del primo gruppo degli scrittori degli anni Cinquanta identificati come realisti, di cui fanno parte tra gli altri Vusat O. Bener, Bilge Karasu, Leyla Erbil, nella sua scrittura emerge una grande attenzione alla condizione della donna, al mondo pastorale in trasformazione, alla nuove sfide della vita in città e ai bambini. Nezihe Meriç è uno dei primi esempi della ricerca di un nuovo stile nella letteratura turca che dà grande spazio al dialogo interiore rompendo le tradizionali tecniche della narrazione.


Illustrazione di copertina (olio e pastello su carta, collage e intervento digitale) di ©Elisa Muliere per Kaleydoskop.
 

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