Turchia, cultura e società

L’ultimo sonno nell’esilio: in ricordo di Demir Özlü 

in Scritture

Lo scorso 13 febbraio è scomparso lo scrittore Demir Özlü. Aveva 85 anni e viveva tra Stoccolma e Istanbul. In Svezia ci era arrivato dopo il suo arresto a seguito del golpe del 1971. La cittadinanza turca gli fu invece revocata del tutto dopo il colpo di Stato del 1980 e solo nel 1989 era potuto rientrare in Turchia. Scrittore innovativo e originale, la sua opera è ancora del tutto sconosciuta in Italia. Vi proponiamo un articolo pubblicato in turco per ricordarlo dopo la sua morte.


In uno degli innumerevoli articoli pubblicati quando a Demir Özlü fu revocata la cittadinanza, Ahmet Oktay scriveva “Nel conflitto tra le autorità e gli scrittori, gli scrittori hanno avuto sempre ragione”. Anche Demir Özlü ha sempre creduto in questo durante l’esilio, tuttavia è indubbio che l’essere nel giusto abbia avuto qualche aspetto penoso.

Non si sa quanti scrittori e artisti della Turchia abbiano appreso la notizia della sua morte in questo modo, tuttavia la situazione non cambia, questa è una perdita per il paese. Per alcuni era solo uno dei nomi ricordati tra quelli della generazione degli anni Cinquanta, soprattutto come fratello maggiore di Tezer Özlü. Ma oltre a questo, chi era davvero Demir Özlü?

Nato nel 1935 nel quartiere Vefa di Istanbul, Demir Özlü, come prodotto dell’idealismo dei genitori, dipendenti statali, cresce insieme alle sorelle Tezer Özlü e Sezer Duru correndo sui sanpietrini di diverse cittadine riservate e chiuse. Completa la sua educazione primaria e secondaria a Ödemiş nella provincia di İzmir dove trascorre l’infanzia e, cosa curiosa, dove sarebbe tornato anni dopo come ospite onorario della diciassettesima edizione delle “Giornate del Racconto” di Izmir. Dopo la lettura dei classici negli anni della scuola secondaria, è nel Liceo Maschile di Kabataş che avviene l’incontro con la letteratura che lo accompagnerà per tutta la vita. È qui infatti che intraprende il suo viaggio verso la scrittura, ma le sue poesie resteranno soltanto sulle riviste pubblicate insieme agli amici.

Demir Özlü è uno dei giovani che produce i primi scritti nel mutevole ambiente letterario degli anni Cinquanta riuscendo a rompere con la tradizione sia nella forma che nel contenuto. In questo contesto le opere Mavi e a dergisi, pubblicate insieme ai suoi amici, sono per noi una fonte notevole per la conoscenza dell’ambiente culturale dell’epoca in quanto costituiscono i primi prodotti della corrente letteraria denominata bunalım edebiyatı (letteratura della nausea). Nel periodo in cui Demir Özlü vive a Fatih, la sua stanza, che è ricordata insieme alla ricca libreria di cui parla anche Tezer Özlü, ospita numerosi poeti e scrittori della generazione degli anni Cinquanta. Tra questi figurano Ferit Edgü, conosciuto durante gli studi di francese e poi diventato amico intimo, Adnan Özyalçıner, Ahmet Oktay, Orhan Duru, Sezer Duru, Onat Kutlar, Leylâ Erbil, Edip Cansever e Ülkü Tamer, che con i loro sforzi comuni hanno insieme dato vita ad una generazione indimenticabile.

Inizialmente poco compresi dalla generazione precedente, accusati di scrivere testi contenenti stupidaggini e di trascinare la letteratura nell’individualismo e nell’insensatezza, questi scrittori hanno fatto sì che la letteratura degli anni Cinquanta – risultata dalla loro comune lotta – venga ancora letta e considerata come una corrente letteraria. Tale generazione non sarebbe esistita senza Demir Özlü: è stato uno dei primi scrittori a leggere testi direttamente in francese, discutendone, introducendo l’esistenzialismo nella letteratura turca e dando avvio a uno stile di vita bohemien.

Così nel 1958 scrive il suo primo libro, Bunaltı (La Nausea), ispirato all’omonimo romanzo di Sartre. Con i suoi romanzi e racconti fa conoscere al lettore una realtà vera per metà insieme ad una letteratura fantastica; scrittore urbano nel vero senso della parola, conduce il lettore nelle pasticcerie, nelle meyhane, nei cinema e in altri luoghi che ora non esistono più, quasi come una “guida turistica”. Per questo motivo, qualora volessimo scoprire Istanbul o il quartiere di Pera degli anni Cinquanta e Sessanta, ci vengono in mente Demir Özlü e i suoi racconti che somigliano a una fotografia sfuocata. Uno dei motivi principali per cui gli siamo debitori è il racconto di un’Istanbul del tempo che fu, trasformata in ricordo con i suoi racconti e romanzi che trasportano noi lettori in un viaggio ancora non terminato. Forse è per questo che Demir Özlü è ricordato da Refik Durbaş all’inizio della sua poesia dal titolo İstanbul Hatırası (Ricordo di Istanbul):

Era una sera dal colore di rosa avvizzita
quella che scendeva dalle colline di Kasımpaşa
– Demir Özlü aveva scritto la sua storia
e così verso sera
con l’odore di rosa avvizzita nel cuore
scese il poeta a Sirkeci

Il suo carattere polemico ha innescato cambiamenti importanti non solo nella letteratura ma anche nella sua vita. Dopo aver terminato gli studi presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Istanbul, Demir Özlü studia filosofia a Parigi e poi fa ritorno nel suo paese. Qui diventa assistente nella stessa facoltà, tuttavia l’incarico termina a seguito delle sue attività politiche e inizia a svolgere il mestiere di avvocato. La tesa situazione politica della Turchia che si protrae fin dal cambiamento del partito unico, rappresenta un ostacolo per il pensiero e la scrittura di molte persone all’interno del paese, tra cui Demir Özlü.

Dopo essere stato arrestato nel 1971 [anno del secondo colpo di Stato, ndr], Özlü inizia il suo esilio volontario stabilendosi in Svezia. In seguito al golpe del 1980 viene privato della cittadinanza, ragion per cui la permanenza in Svezia si protrarrà fino alla fine della sua vita. Nell’opera dal titolo Sürgünde On Yıl (Dieci anni in esilio), scritta anni dopo con l’incoraggiamento di Ahmet Oktay, racconta le cause che lo hanno spinto a una vita da espatriato.

Ero diventato freddo a causa dell’ambiente in cui vivevo. Nelle scuole della Repubblica ero stato educato in un periodo in cui i principi repubblicani avevano acquisito soprattutto stabilità e determinazione; poi, durante i miei studi in giurisprudenza, mi sono confrontato con l’educazione di validi professori della vecchia generazione; rimasto influenzato dagli ideali sullo sviluppo della Turchia sul modello dei paesi occidentali più civilizzati, non potevo di certo abituarmi né all’esistenza paralitica delle forze al governo, né alla primitiva violenza degli assassinii che avvenivano fuori”.

Nonostante alcuni interpretino la sua partenza per Stoccolma, avvenuta tra la disperazione e la tristezza, come la scelta di vita tranquilla, stando alle sue parole là non si è mai sentito a casa. In esilio scrive infatti testi che mettono al centro la città di Istanbul e il quartiere Beyoğlu per i quali verrà insignito di numerosi premi dal paese da cui era stato esiliato. È strano che la perdita della cittadinanza di Demir Özlü non abbia aperto la strada al distacco o al silenzio, al contrario ha fatto in modo che diventasse uno degli scrittori più prolifici della nostra letteratura.

Per i suoi lettori Demir Özlü è stato in primo luogo uno scrittore urbano, un sognatore errante che riproduce i sogni diurni di Freud, uno scrittore militante che ha cercato di creare una letteratura nichilista per il lettore della Turchia, ancora all’oscuro del nulla… La sua lotta ha dato forma non solo alla produzione letteraria, ma anche alla sua stessa vita.

Nel 1963 vince il premio TDK Öykü Ödülü con il libro dal titolo Soluma (Respiro) scritto dopo La Nausea e nel 1989 segue il premio Sait Faik Hikâye Armağanı con Stockholm Öyküleri (Racconti di Stoccolma), scritto durante l’esilio. Nel 1990 è la volta del premio Orhan Kemal Roman Armağanı con Bir Yaz Mevsimi Romansı (Un amore estivo), mentre nel 1997 İthaka’ya Yolculuk (Viaggio a Itaca) viene scelto come libro dell’anno e si aggiudica il premio Yunus Nadi Roman Ödülü. Nel 2004, invece, con Amerika 1954 (America 1954) riceve un ulteriore riconoscimento, il Sedat Simavi Edebiyat Ödülü.

Nella formazione del suo stile narrativo influiscono inoltre i libri Bir Beyoğlu Düşü (Un Sogno di Beyoğlu), Berlin’de Sanrı (Illusione a Berlino) e Kanallar (Canali). La corrispondenza letteraria con Ferit Edgü e Mehmet Seyda, pubblicata in un libro, fornisce ai lettori numerose informazioni sulla vita lontana di Demir Özlü e sulla letteratura a noi vicina. Ho sempre pensato che Un Sogno di Beyoğlu, un lamento rivolto alla giovinezza, un urlo lanciato ai ventenni e pubblicato nel 1985 grazie a Ferit Edgü, occupi un posto a sé stante nella letteratura di Özlü.

Due anni dopo la pubblicazione del libro, in una parte del film Hayallerim Aşkım ve Sen (I miei sogni il mio amore e te) diretto da Atıf Yılmaz, è stato dato spazio al sogno di Beyoğlu di Özlü. Questa narrazione, scritta nel breve tempo in cui aveva ricevuto una borsa di studio a Berlino, è lo sfogo di uno scrittore che cerca sé stesso e la sua città; l’espressione  dei sogni giovanili che per anni non si era mai lasciato alle spalle. La borsa era stata assegnata a Demir Özlü affinché scrivesse un testo su Berlino, invece lui racconta Beyoğlu, che trova magica. Più tardi con il libro Illusione a Berlino porterà a termine tale richiesta.

Un Sogno di Beyoğlu è l’allucinazione di un giovane tormentato come Maldoror. Demir Özlü traccia il ritratto della sua generazione con il racconto esistenziale di un giovane che, uscito dalla casa di famiglia tradizionalista dal quartiere Vefa, si trasferisce a Beyoğlu in un appartamento vicino al Tünel. Questo libricino, di cui Ferit Edgü ha scelto l’immagine di copertina, suscita come un giramento di testa offrendo per alcune ore una visione onirica. Questo testo che mi ha indotto a concludere che Demir Özlü sognasse mentre scriveva, incita il lettore a passare all’azione in nome di un rovesciamento della tradizione; si concentra sull’ego, sull’essenza dell’individuo, sulla verità assoluta, sul sogno e la nausea, soprattutto quella in cui siamo precipitati in questi giorni.

Lo sprofondare nel sonno dell’individuo che si trova nudo in mezzo al rapido cambiamento e il nuovo mondo per metà vero che Özlü crea, diventano senza dubbio una soglia d’ingresso per i lettori e gli scrittori di oggi. Leggere Demir Özlü non è solo leggere un testo che appartiene al passato, è leggere la prospettiva di un’epoca, la sensibilità letteraria e tutto il contesto che abbraccia quel periodo, i vicoli ciechi che incitano la scrittura e l’interpretazione di una generazione che vede un’alternativa nella vita onirica.

“Vivere una vita senza illusioni conoscendo la verità della vita, questo non era nulla. Sì, questa vera vita, veramente non era nulla”.

Grazie Demir Özlü per averci ricordato con il tuo mondo onirico che al di fuori della verità esiste un’altra possibilità.


Articolo uscito in originale sulla piattaforma K24.
Traduzione dal turco di Irene Cazzato.

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