Alla 79. edizione della Festa del cinema di Venezia più volte è risuonato il nome di Çiğdem Mater. Documentarista, giornalista, produttrice, Mater è una delle sette persone condannate a 18 anni di carcere nel noto processo Gezi, un processo farsa intentato contro figure di spicco della società civile che è stato duramente criticato dalle organizzazioni per i diritti umani e da molte istituzioni internazionali, tra cui anche il Consiglio d’Europa. Lo stesso processo in cui la sentenza ha previsto l’ergastolo per Osman Kavala, nonostante la Corte europea dei diritti umani avesse già stabilito nel 2019 il suo immediato rilascio.
“Cineasti sotto attacco: fare il punto, agire” è il titolo dell’iniziativa organizzata dalla Biennale di Venezia, in collaborazione con ICFR-International Coalition Filmmakers at Risk in occasione della Mostra internazionale del cinema a favore dei cineasti che attualmente sono perseguitati in diverse parti del mondo. Un segnale di solidarietà e una presa di posizione che, nel clamore della festa del cinema, serve a sollevare l’attenzione della comunità internazionale sui casi di repressione e persecuzione in cui sono coinvolti anche molti cineasti. Tra i più recenti gli arresti in Iran che hanno visto, lo scorso luglio, finire a dietro le sbarre i registi Jafar Panahi, Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad.
La discussione ha visto la partecipazione di diversi ospiti, tra questi anche la regista Sinem Sakaoğlu che ha parlato della situazione in Turchia e in particolare del caso di Çiğdem Mater, già più volte sollevato da Nadir Öperli, produttore e critico cinematografico, tra i fondatori della nota rivista di cinema Altyazı e membro della European Film Academy.
Sinem Sakaoğlu nel suo discorso ha detto di Çiğdem Mater “è una cineasta indipendente, dal pensiero critico. Una regista già premiata al Festival del cinema di Venezia che oggi avrebbe dovuto essere qui con noi. Invece si trova in un carcere di Istanbul per una condanna a 18 anni per reati insensati nell’ambito del processo Gezi”.
Ha poi continuato: “Çiğdem è stata arrestata alle 6 di mattina, mentre si trovava nella camera di una pensione di una piccola città dove era per girare un film, cioè per fare il suo mestiere. Il processo giudiziario, o sarebbe meglio dire il processo di attacco alla giustizia, avviato con quell’arresto, si è concluso dopo tre anni con la sua detenzione. Non voglio entrare nei dettagli di quel processo farsa che ricorda, come più volte Çiğdem ha detto in tribunale, la sceneggiatura di un brutto film e di conseguenza dargli legittimità. Voglio solo menzionarne uno, ed è che Çiğdem ha preso una condanna per qualcosa che non ha fatto, che ha solo pensato di fare, per un film mai realizzato, e che per la legge fare un film o pensare di realizzarne uno non è reato. Chiaramente questa è una situazione che non riguarda solo Çiğdem. Nello stesso processo è stata condannata anche la documentarista Mine Özerden, più di recente il montatore Erhan Örs è stato arrestato per reati inesistenti e a breve sarà la volta di nostri colleghi perseguitati in ulteriori processi giudiziari. Oltre ai nostri colleghi in carcere, la censura che colpisce moltissimi cineasti all’opposizione o i tagli ai finanziamenti sono indice di un clima generale, un regime di oppressione. In questa situazione, prendere parola, mostrare solidarietà e, fin quando si è fuori, dare voce a colleghi e colleghe che si vuole mettere a tacere è molto importante”.
Infine, la regista Sinem Sakaoğlu ha letto una breve lettera che Çiğdem Mater ha fatto pervenire dal carcere in cui è reclusa:
Cari colleghi della Festa del cinema di Venezia, care e cari cineasti,
Vi scrivo dal carcere femminile di Istanbul Bakırköy nella speranza che la mia voce sia sentita in Iran, Afganistan, Ucraina, Russia…:)
Anche se non sembrava così, a quanto pare siamo destinati a un duro compito in tempi difficili. Non sorprende che ogni giorno apprendiamo la notizia di un altro o un’altra regista arrestata nel mondo. Eppure la solidarietà e il sostegno mondiale mi fa sentire che siamo sulla strada giusta e che facciamo quello che sappiamo essere giusto. Sono sicura che le mie parole risuonano e risuoneranno in una cella di Teheran o per un’artista costretto a ritirarsi sottoterra a Kabul.
Con la speranza di tempi di libertà e di incontrarvi presto ai festival, grazie mille!
Çiğdem Mater, 3 settembre 2022
A Çiğdem Mater è stata anche dedicata l’edizione di quest’anno del Women in Cinema Awards, un riconoscimento per chi, in ambito cinematografico, ha lasciato segni tangibili di impegno e cambiamento. Alla cerimonia di premiazione, un’altra lettera della regista è stata letta in italiano mentre sullo schermo scorrevano le immagini dell’originale in turco.
Non ci sono parole per ringraziarvi.
Vi scrivo dal carcere femminile di Istanbul / Bakırköy in cui sono rinchiuse circa 1400 donne, da un tavolo “tutto per me”. Ho trascorso qui finora 4 mesi di una pena di 18 anni inflittami per un film che non ho girato, in un carcere in cui ci sono donne di tutto il mondo. Essere condannata per un film che non sono riuscita a realizzare, dal punto di vista professionale è ovviamente piuttosto umiliante ma non si può fare a meno di chiedersi: ‘se ho preso 18 anni per un film che non esiste, cosa ne sarebbe stato di me per un film vero?’
Vi sono molto grata per avermi fatto sentire ancora una volta il valore della solidarietà femminile per me sempre molto preziosa. Per il vostro tramite mando tutto il mio affetto alle donne, alle mie sorelle che dall’Afganistan fino all’Ucraina e all’Iran, e in ogni posto del mondo sono oppresse e ciononostante non tacciono, resistono e fanno sentire la propria voce.
Çiğdem Mater è una regista, produttrice cinematografica e giornalista. Dal 2010 produce documentari e lungometraggi. È stata la produttrice associata di Çoğunluk/Majority e co-produttrice di film tra cui Sivas e Layer. È la produttrice di The Last Step, Crooked House e Heart of a Woman. Mater lavora inoltre come produttrice esecutiva per i progetti internazionali girati in Turchia come Human Flow di Ai Weiwei, AKA di Eric Baudlaire e Weldi di Muhammed Ben Attia. Dal 2009 lavora come consulente presso Anadolu Kültür. È la coordinatrice fondatrice di Armenia Turkey Cinema Platform che mira a supportare la coproduzione cinematografica tra Turchia e Armenia.