Turchia, cultura e società

Gonca Özmen – tre poesie

in Versi

Silenzioso, forse

il bosco si prepara alla notte
il verde si spoglia lentamente

il sogno dell’uccello mescolato alla nube

il vento ancora e ancora parla di rocce
e dei luoghi che ha visto in volo

mi dico – forse questa volta le parole scorreranno
la pioggia placherà il desiderio della pelle

forse i morti e il canto dei minareti inganneranno il tempo
il braccio monco di un bambino sboccerà in fiore nuovo

tu, Terra, ti sei rimpicciolita in noi sempre di più

senza sosta la parola accumula il sedimento
sul fondo del lago

perde voce ogni cosa senza sosta

 

Belki Sessiz

Geceye hazırlanıyor orman
Yavaş yavaş soyunuyor yeşili

Bir kuşun bir buluta karışmış duşu

Rüzgar yine kayalardan söz ediyor
Rüzgar gezip görduğu yerleri anlatıyor

Bu sefer akar belki sözcükler diyorum
Yağmurla boşanır tenin arzusu

Belki şaşırır vaktini ezanlar ve ölümler
Nasılsa çiçek açar bir cocuğun kesik kolu

Ey dunya, küçüldükçe küçüldün içimizde

Durmadan birikiyor söz balçığı
gölün dibinde

Durmadan sesini yitiriyor her şey

Vecchia Superbia

Accostare il mattino e la pioggia
una pioggia alla tua nuca senza gioia

Eravamo le voci ascoltate dai fiumi

Ci hanno attraversati
Acque, silenzi, astrazioni

Il nostro dolore era una tenda,
l’abbiamo guardata e richiusa

Se solo ora mi fermassi a toccare la solitudine,
se solo solitudine e pioggia fossero in armonia

E scorrendo fino all’apice del tempo
se solo si scalasse
l’altura e su, sul punto dell’eclisse:

– Mi hanno messo di fronte una vecchia superbia
solo allora ho compreso gli uccelli

 

Eski Alınganlık

Bir yağmuru koymak var sabahın yanına
Bir yağmuru şimdi üzgün boynuna

Nehirlerin dinlediği seslerdik

İçimizden sular geçti
İçimizden sessizlikler, dalgınlıklar

Baktık acımız bir perde
Kapattık

Şimdi durup dokunsam bir yalnızlığa
O yalnızlık o yağmura uysa

Aksak zamanın ucuna aksak
Bir yokuş var, bir yok oluş
Tırmansak

– Onlar eski bir alınganlığı koydular önüme
Ben kuşları anladım bundan

 

Macchia

I

La valle mi dischiuse il suo mistero
ti ritrovai in una piana infinita
nell’attimo in cui si stacca la foglia e il fico tace
avevo un lato disseccato, io
ecco, proprio lì ti ho posto
attingi quelle acque buone, quei dolci profumi
Chi era lontano si avvicinava
certo una donna ti riversava un fiume dentro
tu resta là, all’altro capo del tocco
abbraccia il nulla che credi essere me
in fondo il vento che spira da noi due
raccoglierà tutte le foglie

II

Credevo che con te ogni cosa soffrisse la sete
il tempo svela alle tende il suo segreto
un sentiero si distende e prosegue nel mio corpo
ero io quelle parole senza fine
il legno in attesa
e sapevo che con te il cielo discende
lo scoiattolo ti balza fra le braccia
mi prende e mi conduce in una macchia
così sapevo
che eri tu quell’acqua instancabile
eri le voci vivide
ecco, io senza sosta mi riversavo in te

III

A tutto hai dato il via, lascia che tutto passi
in me sbocci il geranio, il mare si ritiri oltre
anch’io faccia un sogno con un nocciolo all’interno
i fiumi scorrano dal mio corpo, i fichi selvatici
perché il mattino ha labbra ansiose
e sì, angoli nascosti, oscurità
il fermarsi del tempo ci trovi in silenzio
che le luci dei tuoi occhi non conoscano il ritorno
l’angoscia del corpo si faccia parola ed esca
il mio viso nella foto non invecchi più
hai dato tu il via, lascia che tutto scorra
zitta, diceva la formica,
lascia che il tempo scorra

Leke

I

Vadi sırrını açtı bana
Seni sonsuz bir düzlükte buldum
Yaprağın koptuğu anda, incirin sustuğu
Kavruk bir tarafım vardı benim
Seni iste oraya koydum
O güzel suları al, o güzel kokuları da
Uzakta olan yaklaştı
Elbet bir kadın bir ırmak döktü içine
Sen dokunmanın öbür uçunda kal
Sarıl dur ben sandığın yokluğa
İkimizden esen rüzgar
yapraklar topluyor nasılsa

II

Seninle her şey susar sanırdım
Perdelere anlatır sırrını zaman
Gövdemde bir patika uzar durur
Ben o bitmeyen sözlerdim
Bekleyen ahşap
Gök alçalır diye bilirdim seninle
Bir sincap zıplar kollarında
Alıp bir lekeye götürür beni
Öyle bilirdim
Sen o yorulmaz sulardın
Diri seslerdin
Ben işte durmadan sana dolardım

III

Sen başladın her şey geçip gitsin
İçimde açsın sardunya, öteye çekilsin deniz
Benim de içi çekirdekli bir rüyam olsun
Irmaklar geçsin gövdemden, yaban incirler
Telaşlı dudakları var çünkü sabahın
Kuytular var ah! Karanlıklar
Zaman durmuşsa susmuş olalım
Gözlerinden gelen ışıklar dönmeyi bilmesin
Söz olup çıksın bedenin sıkıntısı
Eskimesin artık fotoğrafta yüzüm
Sen başladın her şey geçip gitsin
Sus dedi karınca zaman sürsün

[trad. N. Verderame]


Gonca Özmen nasce nel 1982 a Burdur, nel sud della Turchia. Si laurea in Lingua e Letteratura Inglese all’Università di Istanbul nel 2004. Pubblica le prime poesie nel 1997 all’età di 15 anni e nello stesso anno le viene conferito il premio Yaşar Nabi Nayır come migliore esordio. Nel 1999 vince il premio di poesia Ali Rıza Ertan e l’anno seguente pubblica la sua prima raccolta Kuytumda (“Nel mio ritiro”) immediatamente insignita del premio Orhon Murat Arıburnu. Seguono numerosi premi e onorificenze, tra i quali il premio Homeros nel 2005 per il saggio Edip Cansever. Nel 2008 pubblica la seconda raccolta, Belki Sessiz (“Silenzioso forse”) e, dopo una lunga parentesi, Bile Isteye (“Sapendo e volendo”, 2019, già più volte ristampato). Collabora con innumerevoli testate giornalistiche e riviste letterarie ed è traduttrice dall’inglese. Ha curato il carteggio tra i poeti Ilhan Berk (del quale Versi ha ospitato quattro poesie) ed Enis Batur (2014). Dal 2000 vive a Istanbul, dove insegna nel prestigioso liceo Terakki.

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