Candy Crush in Metrobus
Ho trascorso i migliori anni della mia vita giocando a Candy Crush in metrobus. Record dopo record ho consumato di nostalgia diversi iPad. Non sono mai sceso alla fermata di Ayvansaray. Sono sempre sceso a Beylikdüzü.
Il meglio della letteratura turca contemporanea nei racconti di scrittrici e scrittori finora mai pubblicati in italiano
Ho trascorso i migliori anni della mia vita giocando a Candy Crush in metrobus. Record dopo record ho consumato di nostalgia diversi iPad. Non sono mai sceso alla fermata di Ayvansaray. Sono sempre sceso a Beylikdüzü.
Io e mio padre abbiamo fatto la rivoluzione nello stesso paese in decenni diversi, entrambi abbiamo fallito. La sua si è con conclusa con una brutalità che può essere rappresentata da scarponi che calpestano fiori, la mia invece ha dovuto soccombere alle condizioni del libero mercato.
Mia amata Moglie Asina,
sarai sorpresa di ricevere questa lettera. “Lo credevamo morto, da quale fienile salta fuori adesso?” ti chiederai sconcertata.
Non ti preoccupare, sono a Tahtalıköy. È da lì che ti scrivo… Un racconto di Aziz Nesin
Un tempo, una mela stava davanti alla finestra. Era una mela grossa, prematura. All’inizio di luglio faceva caldo, entrava nelle case come un ospite dell’inferno.
Le Camminatrici della Notte entrò subito nella notte. Si era abituata.
Fuori, il crepuscolo. Il tramonto continuava a trascinarsi ancora un poco sui tetti, tra gli alberi all’altezza della banchina, negli interni, sul fronte della vasta pianura.
Come in tutto il paese anche a Arkanya subito prima del colpo di stato correvano quei brutti giorni. Ma qui la situazione era un po’ diversa.
“Quanti anni sono che non vedi tutto questo?” ha chiesto Enver.
Per un tratto ho lasciato scorrere gli occhi sui tetti di mattoni, sul filo spinato che si allungava lungo la ferrovia, sulla terra di Siria tra il filo spinato e più in là, sul villaggio di Resulayn seppellito nel buio della sera.
D’altronde non è che mangi un granché, ho sparecchiato del tutto. Per pranzo non vado a casa, in ufficio guardo il paese dalla finestra della stanza che lo stato mi ha assegnato fumando sigarette e bevendo tè.
Uno dei divani nel salotto era stato aperto per me, mia nonna aveva preparato il letto, steso le mie lenzuola preferite, sulla federa c’erano i “barbapapà”. Non mi avevano fatto dormire nel mio letto quel giorno.
Perché sono venuto qui
perché tornare su questa terra
circondata d’acqua su tutti i lati
su quest’isola arida?
Sono venuto
su questo pezzo di terra