Turchia, cultura e società

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    Tevekkeli è il villaggio, distante 20 km dalla città turca di Kahramanmaraş, epicentro del terremoto definito “il disastro del secolo” che, alle ore 4.17 del 6 febbraio 2023, ha colpito il sudest della Turchia e il nord della Siria. Il punto dove la terra ha cominciato a rompersi creando una faglia di quasi 300 chilometri. Il sisma di magnitudo 7.8 sulla scala Richter ha causato, secondo i dati ufficiali dei governi turco e siriano, 58.000 vittime.
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    Un anno dopo la tragedia, a Tevekkeli, una famiglia di pastori sopravvissuta al terremoto svolge il lavoro quotidiano con il proprio gregge di capre.
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    Il Kangal è un cane pastore di grandi dimensioni, originario dell’Anatolia centrale, utilizzato per la guardia del bestiame. I collari di punte di ferro - che gli conferiscono un aspetto particolarmente aggressivo - sono utilizzati per evitare che durante gli eventuali scontri coi lupi (o con i sui simili) il cane sia attaccato al collo e perda la vita.
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    Elif (55) e Mehmet (60) sono agricoltori e vivono a Tevekkeli. La loro casa è inagibile perché fortemente danneggiata dal sisma. Ora stanno dentro a un container che hanno comprato con i propri risparmi, senza supporto pubblico.
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    A Kahramanmaraş si respira polvere di cemento armato. Le ruspe e i bulldozer distruggono la moltitudine di palazzi sbriciolati dal terremoto, dispedrdendo nell’aria una nube di calcestruzzo. Gli idranti cercano di contenere il fenomeno ma è come tentare di spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua.
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    Hakan (43) è nato a Kahramanmaraş e qui, dopo il terremoto, ha perso tutto ciò che aveva. Ha perso due figlie, una di 19 e un’altra di 14 anni, un fratello minore, la casa - ovviamente - ma anche il lavoro. Faceva la guardia giurata; ora ha trovato un posto da operaio in una fabbrica della zona. Quanto abbiamo vissuto non è descrivibile - dice - ma, ciò che è peggio, è che non importa a nessuno, siamo rimasti da soli.
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    Tra mille difficoltà, la vita riprende anche ad Antiochia, forse la città più duramente colpita dal terremoto. Simbolo della resilienza di questo luogo è il suo storico mercato coperto che ha riaperto i battenti. Qui le molteplici culture che hanno reso ricca la città (greca, persiana, araba e turca) si esprimono nella varietà dei prodotti della cucina locale. Chiudendo gli occhi e respirando l’odore del cibo, per qualche istante, si può provare la vana illusione che non sia successo nulla.
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    Quasi la metà delle vittime turche del terremoto sono state registrate, secondo i dati ufficiali, nella zona di Antiochia (23.000). Non è la prima volta che l’antica città viene colpita e distrutta da un grande evento sismico. Avvenne nel 115 d.C., nel 525 d.C. e nel 1872. Il centro urbano risulta gravemente danneggiato; importanti edifici storici non saranno mai più come prima. Tra questi, la chiesa sede del Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente e la moschea Habib’i Neccar.
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    Padre Francis Dondu, frate cappuccino di origine indiana, è il parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo ad Antiochia. Lui stesso, sopravvissuto al sisma, aiuta la comunità cristiana locale, ma non solo, a superare i traumi della tragedia.
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    L’albero di Mosè è un platano che si trova nel distretto di Samandağ in provincia di Hatay. Si ritiene abbia 3000 anni di storia. A dispetto del fatto che la zona sia stata una delle più colpite dal sisma, non è stato danneggiato; si dice grazie anche all’aura mistica che lo circonda. Narra infatti la leggenda che la pianta sia nata dal bastone del profeta Mosè che lo aveva piantato al suolo per abbeverarsi presso una vicina fonte, da allora chiamata “acqua dell’immortalità”.
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    La spiaggia di Samandağ, a pochi passi dal confine siriano.
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Terremoto / Un anno dopo la fine del mondo

in Fotoreportage

Il villaggio di Tevekkeli, distante 20 km dalla città turca di Kahramanmaraş, è l’epicentro del terremoto definito “il disastro del secolo” che alle ore 4.17 del 6 febbraio 2023 ha colpito il sudest della Turchia e il nord della Siria. Il punto dove la terra ha cominciato a rompersi creando una faglia di quasi 300 chilometri.

Il sisma di magnitudo 7.8 sulla scala Richter ha causato, secondo i dati ufficiali dei governi turco e siriano, 58 mila vittime.

Il sisma ha lasciato senza casa 3,5 milioni di persone. A un anno dalla catastrofe, 691 mila vivono ancora dentro i container. Le 300 mila case promesse entro un anno dal governo turco in piena campagna elettorale 2023, in vista delle elezioni generali dello scorso maggio, sono un miraggio ancora lontano. Come lontane dalla realtà sono le 200 mila case promesse durante la corrente campagna elettorale per le amministrative che si terranno il prossimo 31 marzo. La realtà parla infatti di 7.275 nuove case consegnate durante l’anno e altre 9.289 consegnate dal presidente Erdoğan durante la cerimonia di commemorazione del primo anno dal sisma, proprio a Kahramanmaraş.

Quasi la metà delle vittime del terremoto in Turchia sono state registrate, secondo i dati ufficiali, nella zona di Antiochia (23.000). Non è la prima volta che l’antica città viene colpita e distrutta da un grande evento sismico. Avvenne nel 115, nel 525 e nel 1872. Il centro urbano risulta gravemente danneggiato; importanti edifici storici non saranno mai più come prima. Tra questi, la chiesa sede del Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, e la moschea Habib’i Neccar.

Fotografie e testi di Italo Rondinella

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