Il mondo editoriale turco ha avuto un enorme sviluppo negli ultimi anni. Nonostante si ripeta di continuo che “in Turchia nessuno legge”, i numeri delineano un quadro completamente differente che può lasciare sorpresi: secondo il rapporto dell’Unione turca degli editori reso noto a gennaio 2017, nel 2016 sono stati pubblicati più di 56mila titoli dalle quasi 4mila case editrici esistenti, per un totale di oltre 600 milioni di libri. Se è vero che di tutte le pubblicazioni il 27% riguarda edizioni scolastiche, la proliferazione di riviste letterarie, il numero di ristampe dei classici e di certi bestseller locali, la nascita di case editrici medie e piccole a fianco di altre più solide e affermate, sembrano smentire l’affermazione. La questione, quindi, è cosa si pubblica nell’undicesimo mercato dei libri a livello mondiale.
Ne ha un’idea ben precisa Can, casa editrice fondata, come molte delle case editrici portanti dell’editoria turca di oggi, nei primi anni Ottanta, quasi in reazione a un periodo asfissiante anche dal punto di vista culturale in seguito al colpo di stato militare del 1980. Il fondatore, Erdal Öz, intellettuale, scrittore, attivista e poeta, «quando ha deciso di fondare la casa editrice nel 1981 non aveva intenzione di crescere tanto, per lui l’importante era rappresentare una fortezza per gli scrittori che non trovavano uno spazio di espressione», dice Can Öz, figlio del fondatore e attualmente dirigente della casa editrice. Con oltre 2mila titoli pubblicati fino a oggi, una delle caratteristiche principali di Can è ancora quella di creare un rapporto di accoglienza e familiarità con gli scrittori pubblicati. Un’aria familiare che si respira anche nella grande sala riunione della casa editrice, retrostante al liceo francese Galatasaray, in una via alle spalle della più nota İstiklal caddesi che collega l’animata strada popolare di Tophane con Cihangir, in quell’area che negli ultimi quindici anni ha assistito a un processo di gentrificazione diventando un animato centro culturale e artistico.
Capacità di rinnovarsi
Una geografia che sembra voler tenere insieme le tre diverse anime di Can; la letteratura straniera, in particolare europea e sudamericana, i nuovi classici della letteratura turca e l’arte. La grande libreria a vetri che letteralmente tappezza la sala contiene in archivio tutti i libri pubblicati in duplice copia, la costa rigorosamente bianca, suddivisi secondo un criterio linguistico e geografico. La copertina anch’essa bianca è movimentata da un’immagine al centro, spesso un dipinto, e da un cuore rosso, il riconoscibilissimo logo di Can. «Quando fondò la casa editrice mio padre commissionò diversi progetti grafici ma nessuno lo soddisfaceva, notò solo che quasi tutti avevano in comune un cuore e il colore rosso. Tagliò un mazzo di carte, uscì cuori, deciso». Così, semplice e immediato come il nome: Can; cuore, anima. «Non dovete credere che mio padre abbia chiamato così la casa editrice in mio onore, per dedicarla a me o per un amore sconfinato nei miei confronti, no, era solo una parola cui era molto legato, appassionato di poesia com’era, e in quel periodo chiamava così tutto ciò che doveva essere nominato, un figlio, la casa editrice, il nostro gatto dell’epoca…».
Can Öz, quasi coetaneo della casa che dirige, si è trovato a esserne a capo nel 2009 mentre studiava da grafico pubblicitario, all’età di 26 anni, per l’improvvisa scomparsa del padre. In sua memoria ogni anno dal 2008 la casa editrice assegna un premio per la letteratura a lui intitolato, nel 2017 è stato nominato vincitore lo scrittore Cevat Çapan. Ma il sogno di diventare pubblicitario per Can Öz sembra aver trovato espressione nella recente rivoluzione “vestimentaria” della casa editrice, affidata a Utku Lomlu, uno dei grafici più attivi e conosciuti in Turchia. Un intervento rischioso perché la classica veste di Can è sempre stata un punto di riferimento cui il lettori erano sentimentalmente legati, ma necessario, per andare incontro alle esigenze dell’editoria e soprattutto, per mettere in risalto ogni singolo autore. Così, dal 2014 ogni copertina, coloratissima e originale, è ispirata al libro in questione, per aiutare il lettore a districarsi tra il numero sempre crescente di pubblicazioni, spiega Can Öz. Del vecchio logo è rimasto il cuore e la scritta Can in un font semplificato. E sembra che sia stata una sfida vincente dato l’incremento del 110% delle vendite negli ultimi due anni. Ma non si tratta solo di un cambiamento formale, dal punto di vista della linea editoriale, curata dalla scrittrice e redattrice Sırma Köksal dal 2013, c’è stato un lieve slittamento delle pubblicazioni a favore della letteratura turca rispetto alle traduzioni.
Traduzione e territorio
La prima pubblicazione di Can è stata Cry, the Beloved Country, libro sull’apartheid del 1948 dello scrittore sudafricano Alan Paton, e questo era un segnale forte per quella che sarebbe stata la linea editoriale della casa editrice che ha portato in Turchia scrittori faro della letteratura occidentale del Novecento; da Thomas Mann a Saramago da Camus a Herman Hesse, da Neruda a Sartre, Coetzeee, Kertséz, Heinrich Böll…
Uno dei punti di forza della casa editrice infatti è la qualità delle traduzioni per le quali Can è riconosciuta e premiata anche all’estero (tra gli altri, Premio Nazionale per la Traduzione 2009 del ministero della cultura italiano, per aver tradotto oltre cento autori del Novecento, tra i quali Moravia, Calvino, Pavese, Tomasi di Lampedusa, Morante, ma anche Ammaniti, Baricco, Benni…). Se uno dei libri più venduti in Turchia nel 2015 è Il Piccolo Principe edito da Can (600mila copie,) non è solo a causa del rinnovato interesse per l’opera e la proliferazione smisurata di edizioni scoccate allo scadere dei diritti del libro, ma perché la versione edita da Can è tradotta da due giganti della poesia contemporanea, amatissimi in Turchia, Cemal Süreya e Turgut Uyar. Un esperimento coraggioso e degno di nota inoltre è la pubblicazione della raccolta di racconti di autori curdi contemporanei tradotti per la prima volta in turco, Biraz dolaşacağım (Mi faccio un giro), libro che coniuga traduzione e territorialità. La maggior attenzione prestata attualmente agli autori di Turchia risponde a un’esigenza della società, al bisogno di dare spazio a voci che ne spieghino l’oggi e il domani, e gli autori turchi pubblicati da Can in parte rappresentano davvero “l’anima” della letteratura turca. Dalla ristampa di grandi autori dei primi del Novecento come Halid Ziya Uşaklıgil o Halide Edib Adıvar, ai “nuovi classici” come Tahsin Yücel, fino a autori contemporanei come Karin Karakaşlı, Cemil Kavukçu o Faruk Duman, gli scrittori di Can rappresentano ognuno una letteratura profondamente ancorata alla società che la produce e al tempo stesso tesa verso una ricerca linguistica che senza arrivare a essere sperimentale è espressione di una voce originale e innovativa. (ga)