Turchia, cultura e società

Canavar: il ‘mostro’ dei graffiti

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La casa e lo studio di Canavar (parola turca per “mostro”), artista di Istanbul la cui opera abbellisce le mura dell’edificio dell’Università di Marmara, è nascosta in una strada secondaria nel cuore del quartiere Hasanpaşa a Kadıköy, una delle poche aree nel distretto che non è stata riqualificata e che non era costosa per iniziare un’attività. Nel centro del quartiere c’è una bellissima moschea centenaria con uno splendido minareto che sembra costruito con una colonna di era corinzia.

Al di là delle pile di tele e scaffali di materiali per la pittura c’è l’oasi di un cortile, ricoperto da parete a parete con strati di lussureggiante edera verde scuro, dove i gatti randagi riescono ad andare d’accordo con le galline uscite dalla loro gabbia vicino alla porta. Quando la porta dello studio è aperta, entrano dentro con nonchalance.

Sul tavolino giace una copia stranamente carbonizzata di Così parlò Zarathustra. L’artista ha avuto un rapporto complicato con l’opera massima di Nietzsche per quasi metà della sua vita. Da adolescente al liceo, nella desolata città industriale di Gezbe, nella periferia anatolica di Istanbul, Canavar – iniziando a porsi domande sulla vita, su Dio, sulla famiglia e su sé stesso – chiese a un amico di consigliargli un libro che poteva essergli utile. “Mi sentivo come se stessi muovendo i miei primi passi (nella vita)” dice. “Cercavo di capire tutto e ogni cosa diventò ancor più complicata nella mia testa. Non avevo intorno a me molte persone con cui poter parlare di tutto ciò”. Un amico di Canavar, una rara mente anarchica nella conservatrice Gezbe, gli suggerì quindi Così parlò Zarathustra, a cui lui è rimasto sempre fedele. L’artista, che ora sta per compiere 30 anni, sente che questo libro rappresenta la seconda metà della sua vita.

“Recentemente una sera avevo bevuto un po’ troppo e questo libro mi ha riportato nuovamente al mio passato. È come se fosse diventato il mio ‘testo sacro’. Mi sono incazzato e l’ho bruciato. È così che è successo, ma non sono riuscito a bruciarlo completamente” dice Canavar. “Una seconda copia giace indenne sullo scaffale.”

Anche se Canavar viene percepito solo come un artista di strada – lo pseudonimo Mostro e l’insistenza a farsi fotografare con indosso un passamontagna – lui disegna, dipinge, fa tatuaggi e realizza copertine di album.

Queste ultime includono un LP del 2017 del rapper/produttore veterano Da Poet.

Sebbene il suo lavoro copra una vasta gamma di stili e soggetti, è legato a un inquietante senso di paura, un’ansia pulsante, e a severi toni di nero, grigio, rosso e marrone.

Una delle influenze maggiori dell’arte di Canavar è la sua città natale, Gezbe. Situata appena ad est di Istanbul, nella vicina provincia di Kocaeli, e accessibile con il treno suburbano, sembra un mondo lontano. “Se pensiamo a Istanbul come a un centro commerciale, Gezbe è la fabbrica che produce i prodotti trovati al suo interno. E se immaginiamo Gezbe come un’enorme fabbrica, le persone che vivono lì sono i suoi operai” mi dice Canavar. Un po’ più a est c’è il distretto di Dilovası, tristemente nota per i problemi di salute cronici e allarmanti dei suoi residenti, dovuti ai fumi tossici emessi dalle fabbriche vicine.

Canavar sfoggia numerosi tatuaggi, incluso uno sul collo che sembra un incrocio tra un simbolo tribale e un logo illeggibile di una band black metal. Ma il suo aspetto mite e sincero e un sorriso perenne smentiscono le immagini aspre e crude iscritte sul suo corpo e presenti nella sua arte.

Nessun posto a Istanbul esemplifica meglio di Kadıköy il passaggio dalla street art al mainstream.

Per anni la municipalità distrettuale ha sponsorizzato enormi murales, spesso coprendo intere pareti di condomini, in particolare nel quartiere Yeldeğirmeni, al di sotto di Hasanpaşa, che ha subito un rapido processo di gentrificazione. Anche l’edificio municipale di Kadıköy è abbellito da un enorme murale.

Per Canavar l’accettazione generale della street art in Turchia è, da un punto di vista estetico, solo che positiva: “Una cultura underground è in realtà sempre sulla buona strada per diventare mainstream, ma ciò che raggiunge il mainstream è principalmente un qualcosa di gradevole al suono e alla vista. Io, invece, sono più alla ricerca di ciò che è sgradevole” dice.

Tuttavia, sebbene il suo stile sia intransigente, vario e spesso sorprendente, non gli ha impedito di essere intervistato dall’edizione turca di Vogue lo scorso anno.

Prima che il Covid-19 raggiungesse la Turchia, Canavar ha trascorso due anni e mezzo a prepararsi per una mostra al Versus Art Project di Beyoğlu, con 50 dei suoi dipinti. Proprio mentre la data stava per essere fissata, è dilagata l’epidemia e la mostra è stata sospesa.

Il virus è l’ultima cosa di cui aveva bisogno l’economia turca a brandelli e il peggioramento delle già compromesse condizioni nel paese ha reso difficile la sopravvivenza per artisti come Canavar. Lui se la cava con lavori di pubblicità e pittura murale per bar e ristoranti ma non considera nessuno dei due come arte.

Anche Kafka e il suo libro Le Metamorfosi hanno influenzato il lavoro di Canavar, in cui gli scarafaggi predominano. Questo insetto indesiderato e resistente è il suo simbolo distintivo, e rappresenta il modo in cui vede sé stesso in relazione agli altri. “La ragione di tutto ciò, in realtà, non è il fatto che mi sento un estraneo, ma che quelli intorno a me mi fanno sentire tale. Questo perché se senti che la tua mentalità funziona in modo diverso dalle persone che hai introno, o se sembra così, sei visto come ‘l’altro’ e potresti essere etichettato come una ‘persona smarrita’.”

Un’altra famosa opera letteraria che ispira il lavoro di Canavar può forse spiegare la dicotomia del suo stile affascinante e complesso e della sua personalità accomodante e affabile. Egli descrive i suoi dipinti come riflessi dei suoi processi di interrogazione su sé stesso e sull’ambiente circostante e come il prodotto di una dualità simile a Dr. Jekyll e Mr. Hyde: “Per molto tempo ho cercato di essere per quanto possibile un guaritore nella mia vita, ma ho dipinto gli assassini o la nostra possibilità di diventare assassini. Ad un certo punto ho pensato che stessi per diventare Mr. Hyde”, dice Canavar.

“Qualche volta siamo Mr. Hyde. Altre volte siamo Dr. Jekyll. Ma cercare di essere sempre Dr. Jekyll a volte non è giusto, perché Mr. Hyde ha bisogno di uscir fuori ed essere visto”.


Articolo uscito in originale sulla rivista Cornucopia.

Traduzione di Raffaela Beneduce

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