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Il meglio del rock in Turchia | 2022

in Suoni

Ecco i dodici migliori album rock usciti in Turchia nel corso del 2022 secondo Kenan Behzat Sharpe, e per ognuno di loro un brano che potrete ascoltare leggendo alla scoperta di nuove tendenze e sonorità del variegato mondo rock. La selezione si può anche ascoltare come playlist su Spotify.

1. Astrovelvet – Büyülü Ayna

In un periodo in cui la musica si è trasformata in un grande gioco di PR e self-marketing, vedere un gruppo che fa solo il tipo di musica che gli piace e non si aspetta molto in cambio ci dà speranza. Almeno è così che interpreto l’esistenza degli Astrovelvet, perché non ci sono molte informazioni sulla band. Sappiamo che si è formata nel 2020 ed è composta da Erkan Özçam (chitarra, basso, cori) e Yudum Yaşar (voce, percussioni). È quasi un miracolo che abbiano pubblicato quattro album (di cui uno congiunto con Moko) in tre anni, mentre i loro coetanei si concentrano sui singoli. Questo nuovo album mantiene la linea che ci aspettiamo dalla band: shoegaze e dream pop. È evidente da ogni nota che vanno pazzi per gli album classici di gruppi come Slowdive, My Bloody Valentine e Lush. Come ho detto, questo nuovo album non è molto diverso, solo le canzoni sono un po’ più “orecchiabili” e la produzione è un po’ più pulita. Riconoscibili come firma del gruppo la chitarra immersa nel riverbero e una voce che ricorda Hope Sandoval, la famosa cantante dei Mazzy Star. Forse sono una band che non sfonderà mai, e non credo che questo sia un loro problema, ma è bello osservarne lo sviluppo. I loro fan attendono con ansia il nuovo album.

 

2. Can Kazaz – ve Toprak

Dai testi fino alla produzione, questo album è tutto impregnato dell’idea di terra. Le canzoni “Zifir Silizlikte Bulursun” e “Savur Savur Göğüssüme Tohum” trasmettono la compassione della madre terra e la serenità eterna della terra nera. In “Eğilmez Başın Gibi”, ascoltiamo invece un canto di ribellione contro questa geografia. Nella canzone “Kara Ülkenin Ak Çocukları” vengono trattati gli infiniti problemi politici di queste terre. In questo album, che può essere visto come una continuazione dell’album “Yollar ve Su, possiamo notare che la sensazione del tema della terra viene fornita tramite un effetto di riverbero denso. Sebbene le canzoni sembrino arrivare dal sottosuolo, gli arrangiamenti sono ancora puliti e brillanti. L’impressionante voce e le belle chitarre di Can Kazaz sono accompagnate dal batterista Mert Can Bilgin e dal bassista Tibet Akarca, che conosciamo anche dai Sevgideğer.

 

3. Can Temiz – Ahlaken Alçak

Il primo album solista di Can Temiz è un progetto che attinge a tutte le esperienze maturate nel corso della sua carriera musicale. Chi non conosce Temiz in Turchia per il suo popolare podcast, probabilmente lo conosce come bassista e autore della leggendaria rock band MODEL. Dopo lo scioglimento del gruppo, che è stato attivo dal 2005 al 2017 e ha prodotto un successo come “Değmesin Ellerimiz”, Temiz ha formato a Los Angeles una band di alternative metal chiamata Seven Day Sleep. Dopo quest’avventura durata due anni, torna a Istanbul per iniziare a suonare in una band death metal/punk chiamata EXNUN, questa volta come cantante e bassista. Tuttavia, nel 2020, con il suo primo singolo da solista, ha ideato un lavoro che è una miscela di tutte le sue esperienze e che viaggia senza pudore tra i generi. In “Ahlaken Alçak” vediamo tutto: punk, metal, hip-hop, rock progressivo. L’atmosfera gotica dominante ricorda talvolta la musica barocca, talvolta la musica classica turca. Secondo le parole di Temiz, il suo progetto solista è “alaturka e d’avanguardia”. Nessuno si stupirebbe se la canzone “Altın Gibi Ağır” fosse utilizzata in un film di vampiri. Allo stesso tempo, nonostante tutta la sua durezza e asprezza, la canzone ha una stoffa da hit ereditata dagli anni dei MODEL. Per quanto riguarda l’intrigante titolo dell’album (in italiano “Moralmente basso”), i testi si ribellano alla pressione sociale e alla monotonia che essa crea. Pur rifiutando il moralismo, difende l’idea che ognuno debba stabilire la propria morale. Nella sua canzone “Her Şey Yapışkan” con Ayı Murat, denuncia l’ipocrisia della società con queste parole: “Tutti sono armati / E nati giusti / Sputa sulle loro canzoni / Sputa sui loro türkü”.

 

4. Eskiz – Ateşle Beni

Mentre il primo album degli Eskiz, “Sallan Yuvarlan”, era un incrocio tra il classico rock’n’roll degli anni ’60 e il punk degli anni ’80, il secondo LP della band, “Kozmik Ruh Dansı”, si collocava proprio nel mezzo con melodie disco anni ’70. Dopo 15 anni di collaborazione, il loro ultimo album, “Ateşle Beni”, ci riporta direttamente agli anni ’60 e al glorioso passato rock. Quest’ultimo album rivela quanto gli Eskiz siano un gruppo tradizionale. È evidente da ogni canzone che il gruppo, composto da Deniz Ağan alla chitarra, Uygar Çetiner alla batteria e Can Tunaboylu al basso, ama la musica rock con una passione unica. Ad esempio, il brano di apertura “Yeni Bir Gün” è in realtà una strizzata d’occhio ai bei tempi andati. Questa canzone di 1’49’’ inizia con la velocità di un cavallo da corsa dopo il colpo di pistola. Non hanno problemi a combinare melodie anatoliche con chitarra, batteria e basso. Questo è puro rock’n’roll. Gli assoli di chitarra sono alimentati direttamente da strutture di accordi blues, mentre ascoltando le armonie vocali sembra di ascoltare l’album Revolver dei Beatles. È così diretto e privo di ironia che c’è persino un “campanaccio” nelle percussioni (a qualcuno ricorda il leggendario sketch del Saturday Night Live?). Vediamo un altro esempio. “Düş Ormanı” inizia in modo più sperimentale, grazie agli effetti la voce sembra parlarci dallo spazio. Ma quando si arriva al ritornello, la canzone abbandona ogni eccesso e torna al rock’n’roll più familiare: riff di chitarra a base di blues, armonie polifoniche e una melodia indimenticabile. Questa è una band che ha perfezionato l’arte di scrivere melodie che restano impresse nella mente. In realtà dovrei dire “era”. Per quanto triste sia il loro scioglimento, dovremmo essergli grati per aver dato ai fan del rock turco tre album che sono già dei classici.

 

5. Frozen Clouds – Kalbime İnanıcam

Per cogliere la novità di questo album, dobbiamo considerare il passato della band. Sappiamo che i Frozen Clouds si sono formati nel 2013 da un gruppo di giovani che facevano musica per divertimento quando non andavano in skateboard. Al tempo il più grande della band aveva solo 15 anni. Questo gruppo di amici amanti del punk e del metalcore è composto da Leon Fritz (voce), Luca Fritz (chitarra), Arda Ünnü (chitarra), Ömer Deniz Pınar (basso) e Parham A.G (batteria). Il 2017 segna un punto di svolta. Quell’anno vanno in tournée con i Pentagram (Arda Ünnü è il figlio del batterista dei Pentagram, Cenk Ünnü) e tengono circa 40 concerti in città europee. Quell’anno pubblicano anche il loro primo album, “Palm Tree Oblivion”, con brani in inglese. La profonda trasformazione musicale dei cinque anni successivi colpisce in faccia la prima volta che si ascolta il nuovo album “Kalbime İnanıcam”. I Frozen Clouds saranno sempre una band metal/punk in termini di emozioni, ma ora portano con sé anche elementi di generi come emo, drum & bass e rap. O, per dirla con le parole della band, il loro stile è “come una zuppa estremamente divertente e deliziosa fatta con una miscela di elementi diversi di musica elettronica, rock, trap e pop”. Ad esempio, la canzone “Esaret” inizia con un ritmo trap e voci autotune e dopo una strofa rap del versatile musicista Kum nel ritornello entrano in gioco chitarre dure e voci brutali. Tuttavia, pur viaggiando tra i generi, i Frozen Clouds riescono anche a creare canzoni estremamente ironiche. A mio parere, la canzone che meglio riflette la sintesi raggiunta è “Hatıran”, un duetto con 3pillie che combina senza sforzo rap e metalcore.

 

6. Gaye Su Akyol – Anadolu Ejderi

In un’epoca in cui l’album come formato comincia a scomparire, Gaye Su Akyol può ancora contare sulla fiducia dei suoi fan sicuri che produrrà qualcosa di assai valido ogni volta che ne pubblicherà uno. Il suo quarto album in studio non fa eccezione. Con i suoi testi, gli arrangiamenti e la produzione accuratamente studiati, “Anadolu Ejderi” offre all’ascoltatore un’esperienza che può essere assaporata solo digerendola, piuttosto che uno spuntino da inghiottire in un solo boccone. Il concetto di psichedelia turca, particolarmente popolare all’estero, si è svuotato nel tempo. Molte nuove band possono fiorire riscoprendo le cover di canzoni folk di Erkin Koray e Cem Karaca. Naturalmente, il suono psichedelico a cui siamo abituati è presente anche nell’album di Gaye Su Akyol. Tuttavia, lei e il suo talentuoso gruppo, di cui fanno parte Ali Güçlü Şimşek e Barlas Tan Özemek, portano la psichedelia in posti nuovi invece di ripetere ciò che è stato fatto in precedenza. Ad esempio, in “Yaram Derin Derin Kanar”, Gaye Su Akyol presenta un brano originale di musica classica turca con una base elettronica. Nella canzone “Biz Ne Zaman Düşman Olduk”, c’è un suono che possiamo definire arabesk industriale. Così come la canzone “Artık Başka Bir Lisansın” ha la semplicità di una canzone folk, la canzone “Sen Benim Mağaramsın” è puro garage rock, spogliato dell’Anatolia. Sebbene “Anadolu Ejderi” sia un album politico che risponde allo stato d’animo privo di speranza di oggi, a mio parere brilla con canzoni d’amore come “Kör Bıçakların Ucunda”. Sebbene il suo concept sia ispirato all’Anatolia, questo album rimarrà impresso nella vostra mente come uno dei migliori album di Istanbul degli ultimi tempi, soprattutto dopo aver ascoltato canzoni come “Bu Izdırabın Panzehiri”.

 

7. Kaan Tangöze – Âşık Mahzuni Şerif Türküleri

Il miglior album di Anadolu Rock pubblicato di recente non è nemmeno rock. Kaan Tangöze, il cantante della leggendaria band Duman, nel suo secondo album da solista reinterpreta con la sua chitarra acustica le canzoni popolari del cantante folk Âşık Mahzuni Şerif. Così facendo, possiamo dire che è tornato alla formula originale del rock anatolico (nella definizione di Murat Meriç, “reinterpretazione di melodie locali con strumenti occidentali”). Ad esempio, Selda Bağcan ha dato uno dei migliori esempi di questa formula adattando alla chitarra acustica la canzone folk “Neredesin Sen” di Neşet Ertaş nel suo album “Türkülerimiz” del 1974. Così come Neşet Ertaş, anche Âşık Veysel e Âşık Mahzuni hanno ispirato i musicisti di città che stavano scoprendo la musica folk. Con canzoni popolari come “Boşu Boşuna” o “Yuh Yuh”, Mahzuni ha ispirato i rocker anatolici, talvolta lamentandosene. Oggi, tuttavia, Âşık Mahzuni non è ricordato quanto Neşet Ertaş o Âşık Veysel. Tangöze sta cambiando questa situazione. Nelle semplici registrazioni di questo album, dove la voce, la chitarra acustica e gli arrangiamenti sono suoi, riesce a trasmettere agli ascoltatori del rock di oggi il Mahzuni che ha ipnotizzato le vecchie generazioni con la sua arguzia e la sua intensità.

 

8. Kana Kana – Ölüler Hariç

Kana Kana è il progetto solista del musicista e produttore Övünç Dan. Per questo album ha registrato le voci, i synth e le chitarre delle canzoni che ha scritto e composto da solo in una casa a Şişli nel giugno 2015 e poi, sempre da solo, le ha mixate. Tuttavia, qualunque sia il motivo per cui l’album è stato pubblicato quest’anno, vale la pena di riflettere sui sette anni trascorsi. Oggi la darkwave è un genere molto conosciuto in Turchia. Gli eredi di gruppi classici degli anni ’80 come i Cure, i Bauhaus o i Sisters of Mercy, che utilizzavano molto il gothic e i sintetizzatori, stanno portando avanti questa musica “dancy” e “dark” in una nuova forma sia in Turchia che all’estero. I nomi più noti che eseguono questo tipo di musica qui sono ovviamente She Past Away, Jakuzi (in particolare l’album Hata Payı pubblicato nel 2019) e l’album di debutto di Brek “Ölüpop” (2019). Tuttavia, se guardiamo al passato, vediamo che quando Övünç Dan ha registrato questo album, solo She Past Away era presente sul mercato locale. Dan non usa nemmeno il nome darkwave per la sua musica, la descrive come “musica gotica leggera con testi turchi”. Questa descrizione, che ricorda il famoso “Hafif Batı Müziği” (musica leggera occidentale) degli anni Cinquanta e Sessanta, rivela la profonda conoscenza di Dan del pop turco e la sua ammirazione per Sezen Aksu che non ha mancato di esprimere in varie occasioni. Quando descrivo questo album come un classico non mi riferisco solo alle scintille pop sotto questo trucco dark gothic. In termini di contenuto, i temi dell’album (vita, morte e tempo) sono i temi basilari della musica. Inoltre, l’ultima canzone dell’album, “Eve Veda”, è dedicata alla memoria di un’altra figura classica, il presentatore radiofonico e autore di musica rock “Baron” Çağlan Tekil, scomparso nel 2020.

 

9. mor ve ötesi – Sirenler

Dopo una pausa di 10 anni, nel gennaio 2022 è arrivato l’atteso ritorno dei mor ve ötesi con il loro nono album in studio. L’attesa è stata ben ripagata dalla band che è tornata in maniera meravigliosa con un progetto ben pensato e accuratamente registrato. In termini di suono, tutti gli elementi caratteristici che ci si aspettano dai mor ve ötesi sono al loro posto: chitarre vibranti, una forte sezione ritmica che si fa sempre sentire con la batteria e il basso, e melodie che si librano verso il cielo come su ali dalla voce di Harun Tekin. Ma la parte più interessante dell’album risiede nei testi e nella storia. Il primo segnale che l’album sarebbe stato concettuale era già evidente nel titolo e nella copertina. Le immagini del mare (così come i termini marinareschi come “galeotto” o “capitano”) legano la storia a più livelli dell’album a un tema principale. Questo album altamente politico è composto da tre sezioni che simboleggiano rispettivamente il passato, il presente e il futuro. Mentre fa luce su come il paese sia arrivato alla difficile situazione in cui si trova, Harun Tekin affronta specifiche personalità e stereotipi. Mentre la prima canzone dell’album, “Adam’ın Dibi”, smonta alcuni discorsi patriarcali, la seconda, “Dünyaya Bedel”, decostruisce i miti nazionalisti. Nel farlo, Tekin utilizza una tecnica che il cantante dei Dead Kennedys Jello Biafra impiega spesso: le figure vengono criticate vocalizzandole. Ad esempio, in “Dünyaya Bedel” canta la canzone dalla bocca di un leader morbosamente arrogante: “Forse è come se fosse sempre in guerra / Non vuole fermarsi da nessuna parte / La mia anima unica vale il mondo / Non vuole conoscere il mondo”. In “Forsa”, la prima canzone della sezione dedicata al presente, parla come colui che “Proviene dalla direzione opposta / Il mio presidente pugnalato”. La parola “forsa”, che significa “galeotto”, indica che il capitano ha imprigionato se stesso e quindi tutti coloro che lo circondano in un mondo costituito dagli angusti limiti della sua mente. Nella canzone “Hazinede”, prende come interlocutore la stessa figura del capitano, anche se non ne fa il nome, e dice “Hai ottenuto qualcosa / Abbiamo scritto una canzone per te”. Nella terza parte si avverte una leggerezza sia nel tono dei testi che nell’orchestra inserita negli arrangiamenti. Le canzoni “Tünel”, “Istiklal” e “Park”, che completano l’album, si estendono spazialmente dalla zona di Şişhane a salire, facendo riferimento alle varie lotte del gruppo, dalla loro giovinezza nel quartiere alle proteste di Gezi Park, nonché alla possibilità di un futuro migliore per il quartiere e l’intero paese.

 

10. pembe – Hepimizin Evi

Avete mai pianto mentre pogavate? Ascoltando il secondo album dei pembe, si sente questo desiderio. Mentre l’intensità emotiva del precedente album “Yalnız Hissedersen” continua, l’amarezza è sostituita da un sentimento più maturo. Il sound punk e hardcore che contraddistingue la band è ancora evidente, ma ora strizza l’occhio allo shoegaze, al post-rock e persino al pop. Sebbene la musica riesca a essere dura e allo stesso tempo a rimanere in testa, può piacere anche a chi non ha familiarità con i generi estremi. Ad esempio, nel secondo singolo dell’album, “Sen Kaybolmadan”, mentre gli elementi melodici e persino gli archi gloriosi sono dominanti, il ritmo duro del ritornello può far scuotere la testa anche all’ascoltatore più disinteressato.

 

11. Simge Pınar – Sevgideğer

Se si mescolano The Smiths e mor ve ötesi in una sola pentola, probabilmente si otterrà una musicista come Simge Pınar. È prima di tutto una musicista che conosce bene la tradizione indie rock anglofona, ma allo stesso tempo un’ascoltatrice devota del rock turco. Con l’album “Sevgideğer” vediamo che ha abbandonato il personaggio triste e timido del suo album di debutto “Güzel Şeyler” pubblicato nel 2019, ed è nata una narratrice sicura di sé, che esprime a voce alta i suoi desideri e le sue volontà. Si ribella alla società e dice: “Devo essere me stessa / Qualunque cosa io chiami ‘me stessa’, devo trovarla / Poi devo suonarla splendidamente”, oppure incoraggia un timido amante dicendo: “Sii mio / Riempi il mio bicchiere / Non c’è garanzia per il domani / Vieni oggi”. Questa fiducia in se stessi che nasce dal considerarsi degni d’amore si vede anche negli arrangiamenti delle canzoni. Oltre alla performance vocale dura ed emotiva di Pınar, il tocco di Efe Demiral, che ha prodotto l’album e si è occupato delle chitarre, si sente in ogni canzone. I riff di basso di Tibet Akarca e la batteria di Mert Can Bilgin aggiungono una deliziosa giocosità all’album, soprattutto nell’omonimo brano di apertura “Sevgideğer”.

 

12. Taner Öngür – Nerden Gelip Nereye Gidiyoruz

Taner Öngür, il leggendario bassista della epica band di rock anatolico Moğollar, dal 2017 registra ogni anno un album in casa. Ogni album si concentra su un determinato tema, ad esempio in “Asrî Sadâ” ha analizzato la cultura popolare, le pubblicità e alcuni eventi particolari della storia repubblicana tra il 1930 e il 1960. Per l’album di quest’anno, ha preso due lunghe poesie (“Nereye Gidip Nereye Gidiyoruz” di Nazım Hikmet e “Zaman Kırıntıları” di Ahmet Hamdı Tanpınar) e ha composto due lunghi brani. Sebbene sulle piattaforme digitali appaiano come otto canzoni, si tratta di due componimenti, entrambi della durata di 19 minuti, suddivisi in un lato A e un lato B. Il più grande successo di questo album da parte di Öngür è l’adattamento della poesia alla musica. Ha rivelato i ritmi interni delle poesie e rallentando e accelerando ha costruito allo stesso modo la musica. Così le melodie vocali sono regolate in base all’intensità emotiva delle poesie. Mentre Nazım Hikmet implora nella sua poesia “Non portatemi a sud / Non portatemi a nord / Non portatemi a ovest / Non portatemi a est / Non voglio morire”, Öngür usa chitarre piangenti in un tempo galoppante in accordo con questo grido agonizzante. L’album può essere descritto come un rock drammatico o addirittura sinfonico. Come fa con ogni album da solista, Öngür ha registrato con la band 43.75. Haluk Önol (chitarra), Arif Ortakmaç (basso), Bartu Özbatur (batteria) e un’altra leggenda vivente del rock anatolico come Uğur Dikmen (pianoforte e tastiere) fanno parte del gruppo anche questa volta.

 


La playlist è stata pubblicata in turco su Dark Blue Notes, rivista indipendente di musica bilingue (inglese, turco). Traduzione a cura della redazione.

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