Turchia, cultura e società

Utopia femminista rock’n’roll nello spazio

in Suoni

La “nuova Turchia” sembra non avere spazio per le donne.
Ogni anno appare in modo molto evidente in occasione della Giornata internazionale della donna. Quando nel 2019 migliaia di persone si sono radunate in Piazza Taksim a Istanbul per celebrare l’8 marzo, nella diciassettesima Marcia notturna femminista, la polizia ha innalzato barricate per bloccare le manifestanti. In risposta, il comitato organizzatore dell’evento aveva allora rilasciato una dichiarazione di sfida:

“Quest’anno ci troviamo di fronte al tentativo di vietare la Marcia notturna femminista, che abbiamo tenuto con grande entusiasmo e senza interruzione ogni 8 marzo a Istanbul dal 2003, ovvero per 16 anni. Niente ci ha mai fermato prima… Non abbiamo intenzione di fare un passo indietro da questa rivolta femminista o di rinunciare alla nostra marcia. Sappiamo di essere nel giusto. Sappiamo che è un nostro diritto”.

Quando una marea umana di attiviste determinate ma gioiose è affluita nelle strade nonostante il divieto, la polizia antisommossa ha iniziato ad attaccarle con lacrimogeni e proiettili di gomma. Come altre forme di protesta già sotto attacco nella Turchia di oggi, sembra che anche la Marcia femminista si trasformi in una battaglia.

L’8 marzo [2019] in Turchia è successo anche qualcos’altro. La musicista Gaye Su Akyol ha pubblicato un videoclip per una canzone del suo recente album İstikrarlı Hayal Hakikattir (Il sogno insistente è realtà). Il singolo, che ha lo stesso titolo dell’album di Akyol, ha il sound che gli ascoltatori sono abituati ad aspettarsi da lei: un mix di musica tradizionale turca, rock psichedelico e surf, grunge e arabesk. Sintetizzatori visionari, un bağlama (strumento a corde della tradizione turca) elettrificato e ritmi complessi sciamano e si fondono sotto il vibrato basso e stanco di Akyol. Il ritornello riassume la filosofia della canzone:

Il sogno insistente è realtà.
La morte esiste oppure è un sogno?
Lascia che la mia sofferenza sia compagna della tua sofferenza
Dacci dentro, ehi, la vita è rock’n’roll.

In un altro punto l’artista diventa una reietta sociale:

Non sono riuscita a adattarmi, sono stata cacciata da ogni dove
Siamo come i gabbiani a cui il mare si adatta
Andiamo lì dove il vento soffia

La tempistica per l’uscita del video “İstikrarlı Hayal Hakikattir” non è stata casuale. Gli elementi visivi e le tematiche dimostrano che Akyol ha dedicato la clip allo spirito dell’8 marzo. Con i suoi stivali alti di pelle rosa, la maglia luccicante e il mantello di velluto, Akyol sembra un incrocio tra una supereroina Marvel e un maestro jedi femminista. Quello che attrae è che sta guidando un minibüs, un mezzo di trasporto pubblico semi-ufficiale in Turchia simile ai matatu decorati del Kenya. I minibus viaggiano su rotte predeterminate, ma i passeggeri possono salire e scendere ovunque vogliano lungo la strada, cioè ovunque il “capitano” accetti di fermarsi. Seduto al volante come un piccolo dio, il tipico autista di minibus (il lavoro è esclusivamente per uomini) è famoso per la sua capacità di multitasking, spesso riuscendo simultaneamente a guidare, dare il resto, fumare una sigaretta e sgranare il rosario.

Akyol non è il tipico autista baffuto. Ha la stessa spavalderia machista ma invece dei grani del rosario fa scorrere tra le dita un filo di perle viola. Quelle che i passeggeri passano dai sedili posteriori non sono monete o banconote, ma gemme e cristalli luccicanti di un bagliore ultraterreno. Nessuna maglia da calcio decora il suo furgone, piuttosto volant di pizzo, videocassette di Star Trek, occhi di Allah e i ritratti di Zeki Müren, icona musicale queer, e dell’attrice Müjde Ar, simbolo della “donna liberata” dei film degli anni ’80. Le scritte bianche onnipresenti che di solito recitano “Nel nome di Dio…” sul lunotto posteriore qui annunciano “Il sogno insistente è realtà”. Un altro adesivo adatta surrealisticamente il testo della canzone: “La morte esiste e questo è un sogno”.

Per quanto riguarda i passeggeri, dove è che Akyol trasporta le persone che riempiono lentamente il suo bus? Non in qualche quartiere di Istanbul o di Ankara ma in un universo parallelo. A metà del video il veicolo inizia a oscillare e a muoversi all’indietro. Un secondo dopo, la strada della città e il mare appaiono sottosopra. Quindi la terra, circondata da uno spazio nero, può essere individuata dal finestrino prima che il variegato gruppo di passeggeri atterri su un corpo celeste nebbioso, simile alla luna. Poi scendono e iniziano a ballare intorno a Akyol mentre lei fa un assolo col suo bağlama nero, facendo ruotare il mantello. Le stelle brillano sopra di loro. La vista è bella dallo spazio.

In un’intervista con Güliz Arslan, corrispondente culturale del quotidiano Hürriyet, dal titolo “Donna alla guida di minibus, è possibile? Sì, è possibile!” Akyol spiega alcune delle idee alla base di questa canzone e del suo progetto musicale più ampio. Quando le viene chiesto come le è venuto in mente di guidare un minibus per il video, spiega:

Ci sono cose che non pensiamo neanche a mettere in discussione, la maggior parte di esse sono stereotipi acquisiti. Frasi vuote come ‘Le donne sono delicate, gli uomini non piangono, le donne non possono fare quel lavoro, gli uomini non possono riuscire in questo’… Sogno un mondo di persone che non si preoccupino dei ruoli sociali di genere, a cui non freghi niente di ciò che pensano i vicini, che sognino e vivano qualunque cosa sentano, persone che sono diventate [veri] individui. E questo viene mostrato nel video.

Per coloro che hanno familiarità con la Turchia, lo shock di vedere non solo una donna alla guida di un minibus, ma una donna rappresentata come una “supereroina… che non presta attenzione agli sguardi che le sono diretti e continua per la sua strada” è palpabile. La dimensione maschile del trasporto pubblico è qualcosa che la gente detesta, condanna, addirittura evita – prendere un minibus può persino avere un esito fatale per le donne, come ha rivelato l’omicidio straziante di Özgecan Aslan – ma non è facile immaginare di trasformare il sistema profondamente. In questo modo, ciò che Akyol celebra nel video è una forma di utopia femminista. Il divario tra la vita di ogni giorno che immagina potrebbe esistere, e il mondo in cui siamo costretti a vivere ci ricorda gli infiniti modi in cui il presente non è all’altezza.

Da William Blake a Ursula K. Le Guin una funzione dell’ipotesi utopica è quella di renderci conto della povertà della nostra immaginazione. Lo shock di incontrare futuri potenziali o addirittura impossibili nell’arte rende altrettanto possibile constatare ancora una volta l’intollerabilità di ciò che esiste e di ciò che è immaginabile. In questo senso, l’estetica dello spazio cosmico di Akyol non è solo un espediente stravagante. Contiene i lineamenti di una politica che combina protesta e riflessione psichedelica.

La chiave di questa filosofia è nel titolo della canzone/album, come spiega Akyol nella sua dichiarazione d’artista:

‘Il sogno insistente è realtà’ è… un album rivoluzionario che nessun obbligo capitalista o imposto dall’alto può frenare o contaminare.

Nella sua filosofia, nei testi, nella musica e nel motto, questo album è il sogno della pura libertà, del mostrare il coraggio di essere se stessi, del guardare alla cultura in cui sono nata senza alienazione, una “pratica del sogno” proposta in un paese e in un mondo che sempre più si stanno chiudendo in sé stessi e stanno diventando una prigione conservatrice…

Akyol mira ad attingere alle tradizioni musicali locali senza cadere nel campanilismo che caratterizza la politica turca di oggi:

Con questo album ho cercato nuove sonorità nelle acque profonde di questa geografia, ho portato alla luce l’espressione delle mie esperienze, tutta la musica, la gente, il dolore, i sogni e i paesi che ho ascoltato e che mi hanno toccato, ho seguito le orme di un’archeologia personale e ho cercato di aggiungere a tutto ciò i miei territori perduti…

Da qui fa il punto della situazione globale:

Siamo masse che si muovono all’interno di un enorme caos. Siamo i semi del disastro di un collasso culturale che si infiltra nella mente umana e inibisce i sogni. In un’epoca in cui siamo costretti a dimenticare di sognare, come società diventiamo segnali deboli di una mente sterile. Siamo discendenti di greggi incompetenti che seguono ordini. Siamo i robot tristi, standardizzati, disciplinati e inconsistenti del nuovo mondo…

Questo album è alla ricerca della grande crisi dell’esistenza, delle varie stranezze a cui sei soggetto quando rifiuti di abituarti e ti senti estraneo a cose come la guerra, o la morte, un’improvvisa separazione definitiva da una persona cara, sogni per esempio, la natura delle specie, ciò che cerchiamo in questo strano pianeta, ciò che non siamo in grado di trovare, ciò che consideriamo reale e ciò che rifiutiamo in quanto sogno.

I sogni tengono svegli ed è ora di svegliarsi!

La filosofia qui espressa è certamente poco chiara e forse per alcuni saprà di ciarlataneria pseudo-spirituale new age. Eppure queste idee non dovrebbero essere scartate troppo in fretta, perché Akyol ha alcuni antichi predecessori nella sua ricerca di una politica radicale dell’immaginazione.

Ad esempio, nella sua poesia Rant, Diane Di Prima esprime un’interpretazione della New Left degli anni ’60 della critica romantica del XIX secolo. Ciò che dice dell’immaginazione ha forti parallelismi con ciò che Akyol chiama “pratica del sogno”:

senza immaginazione non c’è memoria
senza immaginazione non c’è percezione
senza immaginazione non c’è volontà, desiderio

la storia è un’arma vivente nelle tue mani
e l’hai immaginata, è così che
“lo scopri tu stesso”
la storia è il sogno di ciò che può essere, è
la relazione tra le cose in un flusso

di immaginazione
quello che scopri da te è ciò che scegli
tra un mare infinito di possibilità
nessuno può abitare il tuo mondo

L’UNICA GUERRA CHE CONTA E’ LA GUERRA CONTRO
L’IMMAGINAZIONE
L’UNICA GUERRA CHE CONTA E’ LA GUERRA CONTRO
L’IMMAGINAZIONE
TUTTE LE ALTRE GUERRE SONO INGLOBATE IN ESSA

Non c’è scampo da una battaglia spirituale
Non c’è modo di evitare di schierarsi
Non c’è modo di non poter avere una poetica
qualunque cosa tu faccia: idraulico, fornaio, insegnante

lo fai nella consapevolezza del costruire
o non costruire il tuo mondo
hai una poetica: entri nel mondo
come un abito prêt-à-porter

o incidi nella luce
il tuo firmamento si riversa nella forma della tua stanza
la forma della poesia, del tuo corpo, dei tuoi amori

La vita di una donna / la vita di un uomo è un’allegoria

Apprezzala

Qui Di Prima ricorre a Blake, che denunciò il capitalismo industriale e la colonizzazione: “L’Arte ha Umiliato l’Immaginazione, Rifiutato la Guerra, Governato le Nazioni”. La guerra, pensava, deriva da un’attenuata capacità di immaginare. Di Prima elabora questo concetto nel ragionamento che immaginiamo di solito, ognuno ha una “poetica”, ma non ne siamo sempre consapevoli. Questo è ciò che Akyol chiama “sogno insistente”: la capacità di combattere le forze che indeboliscono l’immaginazione di ciò che potrebbe essere. In segno di sfida a questo indebolimento, dobbiamo imparare a sognare anche quando siamo svegli. La realtà in cui viviamo è la fantasia costante di qualcun altro; il punto è vivere la nostra.

In un’altra sezione della sua dichiarazione d’artista, Akyol descrive in modo più concreto quale ruolo l’immaginazione potrebbe svolgere oggi in Turchia:

Come donna nata e cresciuta in Turchia, che produce la propria musica, che ha creato un parco giochi al di fuori del sistema maschile fondando la propria casa discografica, che partecipa a ogni fase di questo lavoro dalla creazione alla produzione in una geografia dominata dai maschi e in un mondo sempre più conservatore, penso che sia necessario rendere visibili queste storie di “sogni costanti” e spero di ispirare altre donne e persone che stanno producendo e rivendicando i propri sogni. In questo senso si tratta di un album estremamente femminista, rivoluzionario e idealista…

In un paese difficile come la Turchia, al confine con il Medio Oriente, l’Europa e la Russia, in un’atmosfera sempre più conservatrice e in un mondo che contribuisce a questa oscurità con il suo caos e le sue lotte di potere, credo che dobbiamo creare una contro-realtà per sfidare il male organizzato e l’orribile realtà che esso crea, e l’opzione più forte è il “sogno costante”.

Sia nella produzione della sua musica che nel suo contenuto, Akyol immagina il sogno come una pratica politica. A differenza di una figura superficialmente simile come la musicista Grimes, che non ha visto alcuna contraddizione tra l’estetica della sua astronave femminista e la difesa della filosofia anti-sindacati di Elon Musk, Akyol è impegnata in una visione radicale dell’uguaglianza. In particolare, il suo video immagina una via d’uscita dall’attuale polarizzazione e violenza della società turca. Le persone che viaggiano nello spazio sul suo minibus sono tutte visibilmente provenienti da diversi strati sociali. Ci sono operai, donne che indossano il velo, un omosessuale, una donna con i capelli tinti e un berretto, un uomo con uno zucchetto, gli hipster, una donna trans e, buttato lì per non sbagliare, un gruppo di strani monaci vestiti di nero dallo spazio. Questo messaggio di unione può essere semplicistico. Certamente non propone strategie pratiche per pensare a quali forme la lotta femminista e anticapitalista dovrà prendere nello scenario odierno, ma non è questo il punto.

In una situazione in cui le donne vengono progressivamente estraniate dallo spazio pubblico e, nel caso delle proteste a Istanbul in occasione dell’8 marzo, attaccate fisicamente per essersi riunite, abbiamo bisogno di tutte le nuove trasfusioni di immaginazione che possiamo ottenere. Akyol non fornisce alcuna soluzione e non sarebbe realistico aspettarsene da una produttrice culturale come lei. Ciò che fa “İstikrarlı Hayal Hakikattır” è fornire la colonna sonora per la nostra fantasia collettiva – che, come altre forme d’arte nel nostro mondo assurdo, a volte deve essere surreale per essere realistica:

Perseguita con costanza, [una] struttura narrativa surrealista può essere l’avanguardia di un nuovo linguaggio artistico, di un atteggiamento e persino di una corrente. Possiamo davvero cambiare le cose che pensiamo di non poter cambiare. Quando dico questo la gente chiede: “Sta a te salvare il paese?” Sissignore, forse salverò il paese, o forse lo faranno i miei amici. A volte tutto ciò che serve a illuminare le persone o [anche solo] a prendere una boccata d’aria è giusto una canzone.

Quando l’8 marzo le nostre amiche si sono radunate a Istanbul e in altre parti del paese, divertendosi nonostante il divieto e pronunciando frasi come “Non abbandoneremo la notte, le strade o le piazze: ribellione femminista!”, stavano anche creando questa canzone.


(Kenan Behzat Sharpe, trad. Diana Zanon/redazione)
Questo articolo è apparso originariamente in inglese sul portale Blind Field il 13 marzo 2019.

 

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