Silenzioso, forse
il bosco si prepara alla notte
il verde si spoglia lentamente
il sogno dell’uccello mescolato alla nube
il vento ancora e ancora parla di rocce
e dei luoghi che ha visto in volo
mi dico – forse questa volta le parole scorreranno
la pioggia placherà il desiderio della pelle
forse i morti e il canto dei minareti inganneranno il tempo
il braccio monco di un bambino sboccerà in fiore nuovo
tu, Terra, ti sei rimpicciolita in noi sempre di più
senza sosta la parola accumula il sedimento
sul fondo del lago
perde voce ogni cosa senza sosta
Belki Sessiz
Geceye hazırlanıyor orman
Yavaş yavaş soyunuyor yeşili
Bir kuşun bir buluta karışmış duşu
Rüzgar yine kayalardan söz ediyor
Rüzgar gezip görduğu yerleri anlatıyor
Bu sefer akar belki sözcükler diyorum
Yağmurla boşanır tenin arzusu
Belki şaşırır vaktini ezanlar ve ölümler
Nasılsa çiçek açar bir cocuğun kesik kolu
Ey dunya, küçüldükçe küçüldün içimizde
Durmadan birikiyor söz balçığı
gölün dibinde
Durmadan sesini yitiriyor her şey
Vecchia Superbia
Accostare il mattino e la pioggia
una pioggia alla tua nuca senza gioia
Eravamo le voci ascoltate dai fiumi
Ci hanno attraversati
Acque, silenzi, astrazioni
Il nostro dolore era una tenda,
l’abbiamo guardata e richiusa
Se solo ora mi fermassi a toccare la solitudine,
se solo solitudine e pioggia fossero in armonia
E scorrendo fino all’apice del tempo
se solo si scalasse
l’altura e su, sul punto dell’eclisse:
– Mi hanno messo di fronte una vecchia superbia
solo allora ho compreso gli uccelli
Eski Alınganlık
Bir yağmuru koymak var sabahın yanına
Bir yağmuru şimdi üzgün boynuna
Nehirlerin dinlediği seslerdik
İçimizden sular geçti
İçimizden sessizlikler, dalgınlıklar
Baktık acımız bir perde
Kapattık
Şimdi durup dokunsam bir yalnızlığa
O yalnızlık o yağmura uysa
Aksak zamanın ucuna aksak
Bir yokuş var, bir yok oluş
Tırmansak
– Onlar eski bir alınganlığı koydular önüme
Ben kuşları anladım bundan
Macchia
I
La valle mi dischiuse il suo mistero
ti ritrovai in una piana infinita
nell’attimo in cui si stacca la foglia e il fico tace
avevo un lato disseccato, io
ecco, proprio lì ti ho posto
attingi quelle acque buone, quei dolci profumi
Chi era lontano si avvicinava
certo una donna ti riversava un fiume dentro
tu resta là, all’altro capo del tocco
abbraccia il nulla che credi essere me
in fondo il vento che spira da noi due
raccoglierà tutte le foglie
II
Credevo che con te ogni cosa soffrisse la sete
il tempo svela alle tende il suo segreto
un sentiero si distende e prosegue nel mio corpo
ero io quelle parole senza fine
il legno in attesa
e sapevo che con te il cielo discende
lo scoiattolo ti balza fra le braccia
mi prende e mi conduce in una macchia
così sapevo
che eri tu quell’acqua instancabile
eri le voci vivide
ecco, io senza sosta mi riversavo in te
III
A tutto hai dato il via, lascia che tutto passi
in me sbocci il geranio, il mare si ritiri oltre
anch’io faccia un sogno con un nocciolo all’interno
i fiumi scorrano dal mio corpo, i fichi selvatici
perché il mattino ha labbra ansiose
e sì, angoli nascosti, oscurità
il fermarsi del tempo ci trovi in silenzio
che le luci dei tuoi occhi non conoscano il ritorno
l’angoscia del corpo si faccia parola ed esca
il mio viso nella foto non invecchi più
hai dato tu il via, lascia che tutto scorra
zitta, diceva la formica,
lascia che il tempo scorra
Leke
I
Vadi sırrını açtı bana
Seni sonsuz bir düzlükte buldum
Yaprağın koptuğu anda, incirin sustuğu
Kavruk bir tarafım vardı benim
Seni iste oraya koydum
O güzel suları al, o güzel kokuları da
Uzakta olan yaklaştı
Elbet bir kadın bir ırmak döktü içine
Sen dokunmanın öbür uçunda kal
Sarıl dur ben sandığın yokluğa
İkimizden esen rüzgar
yapraklar topluyor nasılsa
II
Seninle her şey susar sanırdım
Perdelere anlatır sırrını zaman
Gövdemde bir patika uzar durur
Ben o bitmeyen sözlerdim
Bekleyen ahşap
Gök alçalır diye bilirdim seninle
Bir sincap zıplar kollarında
Alıp bir lekeye götürür beni
Öyle bilirdim
Sen o yorulmaz sulardın
Diri seslerdin
Ben işte durmadan sana dolardım
III
Sen başladın her şey geçip gitsin
İçimde açsın sardunya, öteye çekilsin deniz
Benim de içi çekirdekli bir rüyam olsun
Irmaklar geçsin gövdemden, yaban incirler
Telaşlı dudakları var çünkü sabahın
Kuytular var ah! Karanlıklar
Zaman durmuşsa susmuş olalım
Gözlerinden gelen ışıklar dönmeyi bilmesin
Söz olup çıksın bedenin sıkıntısı
Eskimesin artık fotoğrafta yüzüm
Sen başladın her şey geçip gitsin
Sus dedi karınca zaman sürsün
[trad. N. Verderame]
Gonca Özmen nasce nel 1982 a Burdur, nel sud della Turchia. Si laurea in Lingua e Letteratura Inglese all’Università di Istanbul nel 2004. Pubblica le prime poesie nel 1997 all’età di 15 anni e nello stesso anno le viene conferito il premio Yaşar Nabi Nayır come migliore esordio. Nel 1999 vince il premio di poesia Ali Rıza Ertan e l’anno seguente pubblica la sua prima raccolta Kuytumda (“Nel mio ritiro”) immediatamente insignita del premio Orhon Murat Arıburnu. Seguono numerosi premi e onorificenze, tra i quali il premio Homeros nel 2005 per il saggio Edip Cansever. Nel 2008 pubblica la seconda raccolta, Belki Sessiz (“Silenzioso forse”) e, dopo una lunga parentesi, Bile Isteye (“Sapendo e volendo”, 2019, già più volte ristampato). Collabora con innumerevoli testate giornalistiche e riviste letterarie ed è traduttrice dall’inglese. Ha curato il carteggio tra i poeti Ilhan Berk (del quale Versi ha ospitato quattro poesie) ed Enis Batur (2014). Dal 2000 vive a Istanbul, dove insegna nel prestigioso liceo Terakki.