Daüssıla
27.12.1989
In silenzio, ho accolto in me la pioggia
ho trovato i tuoi occhi dove li avevo lasciati
ancora una volta ho cancellato la mia storia
rimosso il mio nome dalle strade abbandonate
di me in casa non restano che poche tracce
che voleranno via col tempo
svanendo come il mio odore
e anch’io dimenticherò ogni cosa
la casa per prima, poi le vie e Istanbul
lo so, rimarrai solo tu
perché i tuoi occhi io li ho presi con me
Daüssıla
27.12.1989
sustum, yağmuru aldım içime
gözlerini bıraktığım yerde buldum
sildim yeniden tarihimi
terkettiğim sokaklardan kazındı adım
evde sadece birkaç iz var benden
zamanla uçuşacak
kaybolacak kokumla birlikte
ben de unutacağım her şeyi
önce evi, sonra sokakları ve İstanbul’u
biliyorum, bir tek sen kalacaksın
çünkü gözlerini yanıma aldım
Conformista
è come se tutto fosse stato già vissuto
ancor prima di attraversarle, conoscevamo queste vie
le parole erano state già scritte
la tristezza dei nostri corpi raffreddati
piccoli frammenti di vita e dettagli trascurabili
erano parte di ciò che conoscevamo
ma non avremmo potuto cambiare nulla
questa vita sarebbe finita così
al termine di ciascun incubo, nell’attesa della calma
c’era una sola frase a cui avvinghiarsi:
“I ragazzi che mangiano il fuoco
muoiono prima dei vent’anni”
Giugno 1990
Konformist
sanki her şey önceden yaşanmıştı
daha geçmeden biliyorduk bu yolları
söylenecek tüm sözler zaten yazılmıştı
soğuyan cesetlerimiz mutsuz olacaktı
küçük hayat parçaları ve önemsiz ayrıntılar
bilgimiz dahilindeydi
ama hiçbir şeyi değiştiremezdik
bu hayat böyle bitecekti
her kâbus sonrası, sakinleşmeyi beklerken
tek bir cümle vardı sarılacağımız
“Ateş yiyen çocuklar
yirmisine varmadan ölürler”
Haziran 1990
Sono solo, sei sola, siamo soli
nessuno può vedere quel vuoto in me
nessuno sa cosa prova chi perde un indirizzo
a restare divisi dai battiti del tuo petto
e non sentire le stagioni nei tuoi respiri, nessuno lo sa
il nostro tempo non accetta chi conosce mille cose
guardano con sufficienza le nostre domande
questo tempo è determinato a essere africano
né basta non essere di questa terra
e poi arrivi tu, una sagoma vestita di giallo
a mostrarmi cos’è che manca nella mia esistenza
io mi ritraggo e impallidisco, il mio corpo si fa leggero
la mia solitudine si diffonde e si moltiplica nella tua voce
Io ormai non ascolto che il canto degli uccelli
9.9.99
Yalnızım, Yalnızsın, Yalnızız
kimse içimdeki boşluğu görmüyor
bir adresi yitirmek neler hissettirir insana
kalp atışlarından uzak olmak
soluğunda duyamamak mevsimleri, düşünmüyor
çok şey bilmenin hoş karşılanmadığı zamanlardayız
ciddiye alınmıyor sorularımız
gün afrikalı kalmaya kararlı
bu dünyadan olmamak da yetmiyor
ve siz geliyorsunuz, sarı elbisenizle bir silüet
hayatımdaki eksikleri gösteriyorsunuz
küçülüp silikleşiyorum, hafifliyor bedenim
yalnızlığım dağılıp çoğalıyor sesinizde
ben artık sadece kuşların şarkısını dinliyorum
9.9.99
[trad. N. Verderame]
Il poeta, giornalista e critico letterario Metin Celal è nato nel 1961 ad Ankara. Ha studiato Ingegneria all’Università Tecnica del Medio Oriente (ÖDTÜ) laureandosi nel 1982, per poi passare alla Facoltà di giornalismo e comunicazione della stessa università, completando gli studi nel 1985. La sua prima poesia è stata pubblicata nel 1980, e negli anni successivi Celal ha fatto parte della corrente poetica denominata “Generazione degli anni Ottanta”, co-dirigendo riviste quali İmge/Ayrım (1984), Poetika (1985), Fanatik (1989). Ha inoltre lavorato come redattore per le riviste Sombahar (Poesia, 1990 – 1996), E (2003-), Özgür Edebiyat (2007-13).
Dal 2008 vive a Istanbul e coordina Istanbulensis, il Festival Internazionale di Poesia di Istanbul. Ha pubblicato numerose antologie di prosa e versi, oltre a due romanzi. Le sue cinque raccolte di poesie (apparse tra il 1986 e il 2011) sono state riunite nel libro Herkes Kendine Yabancı (“Tutti sono stranieri a sé stessi”, Everest Yay. 2011).