Il collettivo cinematografico dell’Università del Bosforo ha prodotto ‘Alaimisema’, un documentario sugli eventi che si sono verificati tra il 25 e il 26 marzo scorso quando alcuni studenti che manifestavano a sostegno di un loro compagno indagato per aver fissato la bandiera arcobaleno sui cancelli dell’università, sono stati arrestati di fronte al campus.
Nel documentario, dove gli studenti, gli accademici, gli avvocati che seguono il processo e la deputata del Partito dei Lavoratori della Turchia (TİP) Sera Kadıgil riportano i fatti di quel giorno, vengono mostrate inoltre le immagini che testimoniano la violenza della polizia. Il documentario ‘Alaimisema’, che si apre con la citazione in giudizio dell’accusa, è accompagnato dall’omonima canzone di Mabel Matiz. Ecco la descrizione del documentario nelle parole delle autrici e degli autori:
“Noi studenti dell’Università del Bosforo in protesta continuiamo a essere presi di mira ogni giorno. L’altro ieri [16 ottobre 2021 Ndt] sette dei nostri compagni hanno trascorso la notte in prigione. È da due giorni e due notti che cerchiamo di avere loro notizie. I nostri compagni si trovavano nella strada della moschea, davanti ai cancelli dell’università, quando sono stati presi e portati via con la forza. Siamo preoccupati/e”.
Nonostante questa nuova ondata di arresti, che si somma alle numerose altre avvenute durante tutto l’anno fin dall’inizio delle proteste all’Università del Bosforo, gli studenti e le studentesse proseguono:
“Siamo orgogliosi di presentare ‘Alaimisema’, che abbiamo girato per documentare gli arresti di coloro che hanno esibito la bandiera arcobaleno e i processi che ne sono seguiti; per mostrare quello che stiamo nuovamente affrontando, e per mostrare che abbattendo le prigioni e erigendoci al di sopra di coloro che cercano di spaventarci siamo diventati PIU’ FORTI.
Riteniamo che in un giorno come questo sia molto importante dare voce alla solidarietà e alla nostra memoria; trasmettere le storie di più di settanta studenti che sono stati detenuti e contro i quali è stata intentata una causa; per coloro che hanno esibito le bandiere arcobaleno il 25 e il 26 marzo e per i compagni che li hanno sostenuti.
In ottomano ‘alaimisema’ significa arcobaleno. Il nome del documentario viene dalla canzone di Mabel Matiz, che dice: ‘la pioggia si trasformerà in arcobaleno’. Noi siamo convinti che ciò accadrà e per questo continueremo a lottare con i nostri compagni, coscienti del fatto che restare uniti è tutto ciò che conta. Buona visione, la lotta è speranza”.
Cosa è successo?
Il Rettorato dell’Università del Bosforo ha aperto un’indagine sullo studente N.D., che durante le proteste del 2 febbraio contro l’ex rettore Melih Bulu ha appeso la bandiera arcobaleno sui cancelli d’entrata del Campus Sud dell’Università del Bosforo.
Il 25 marzo è stato chiesto a N.D. di giustificare il suo gesto. Il giorno prima lo studente aveva dichiarato a Bianet: “La segreteria ha scritto che ho esibito la bandiera. È totalmente assurdo considerare un reato sbandierare l’arcobaleno. Issare la bandiera arcobaleno non è illegale, come non lo è appenderla ai cancelli dell’università”.
Gli studenti in sostegno al proprio collega hanno marciato con lui sino alla Facoltà di Scienze della Formazione nel Campus Nord, dove il 25 marzo si sarebbe tenuta la riunione per il provvedimento disciplinare. Dodici di loro sono stati arrestati davanti al Campus.
È stata intentata una causa contro gli studenti, i quali sono stati messi sotto accusa per ‘raduni e cortei antigovernativi’ o ‘opposizione ai raduni e ai cortei’. La prima udienza del processo si è tenuta il 3 giugno, mentre la seconda il giorno 28 dello stesso mese. In seguito gli studenti sono stati rilasciati.
Nell’atto di accusa si legge: “Una volta arrivato davanti al Campus Nord, il corteo che innalzava le bandiere LGBTI e marciava compatto è stato fermato dalle forze di polizia. Inoltre i capi della polizia hanno negoziato con gli organizzatori del corteo per la rimozione della bandiera, simbolo della comunità LGBTI”.
Fonte: Bianet.
Traduzione di Elena Pincione.