Turchia, cultura e società

Cemal Süreya

in Scritture/Versi

In Turchia la poesia dei maestri dell’İkinci Yeni (Secondo Nuovo) l’avanguardia modernista che ha segnato la letteratura turca negli anni Cinquanta e Sessanta, ha avuto uno strano destino: guardata spesso come troppo ermetica e fine a se stessa, è stata riscoperta solo con il passare degli anni, anche grazie ai giovani poeti degli anni Ottanta. Cemal Süreya (1931-1990) è un caso esemplare: il suo linguaggio sensuale e ricco di simboli e allusioni ha stentato ad affermarsi quando il poeta era ancora in vita, mentre oggi le sue poesie complete (Sevda Sözleri, Yapı Kredi Yayınları) sono alla sessantesima ristampa. Alcuni suoi versi circolano nelle strade con l’hashtag #siirsokakta e molti giovani li conoscono a memoria.

Cemal Süreya è stato l’editore capo di Papirüs, una delle riviste cardine della letteratura turca di metà Novecento, e ha collaborato a molti altri periodici con poesie e articoli di critica letteraria. Ma non è stato un autore molto prolifico: ha pubblicato solo sei raccolte e cinque raccolte di saggi. Forse proprio per questo i suoi versi, carichi di eros e intessuti di trame sonore ricchissime, sono formalmente raffinati ma insieme hanno una forza comunicativa immediata.

Le sue poesie sono ancora per lo più inedite in italiano (eccetto poche poesie in antologia), mentre nel 2015 è stata pubblicata una prima traduzione francese (Poèmes, Editions L’Harmattan).


Vostro padre è mai morto prima?
Vostro padre è mai morto prima?
Il mio sì, morì una volta e divenni cieco
Lo lavarono lo presero lo portarono via
Da mio padre questo non me l’aspettavo
E divenni cieco
Siete mai stati al bagno turco?
Io sì. La lanterna accanto a me si spense
Si spense uno dei miei occhi e divenni cieco.
In alto c’era tutto un cielo, una sfera
di un azzurro ineffabile, e divenni cieco.
E quelle lastre di marmo, il marmo dell’hammam
mandava luccichii come uno specchio
nel marmo vidi metà del mio viso.
Era così come… come un qualcosa di orribile
Dal mio viso questo me non me l’aspettavo
E divenni cieco.
Avete mai pianto
Coperti dal sapone?


Sizin Hiç Babanız Öldü Mü?

 Sizin hiç babanız öldü mü?
Benim bir kere öldü kör oldum
Yıkadılar aldılar götürdüler
Babamdan ummazdım bunu kör oldum
Siz hiç hamama gittiniz mi?
Ben gittim lambanın biri söndü
Gözümün biri söndü kör oldum
Tepede bir gökyüzü vardı yuvarlak
Söylelemesine maviydi kör oldum
Taşlara gelince hamam taşlarına
Taşlar pırıl pırıldı ayna gibiydi
Taşlarda yüzümün yarısını gördüm
Bir şey gibiydi bir şey gibi kötü
Yüzümden ummazdım bunu kör oldum
Siz hiç sabunluyken ağladınız mı?

Da Üvercinka (1953)

 
 
Dammi un bacio, poi dammi alla luce
In questo istante
è la vergogna a sgranarsi
dalle spighe dei bambini biondi.

Dalla valle
l’odore del lillà dall’occhio bendato
fa roteare il nostro sole minuto

Trabocca dalle case e dalle terrazze
prende posto nella mia voce.

Cicuta flessuosa della voce mia
Cicuta screziata della mia voce

In direzione degli uccelli, poi
l’avorio: posa del vento.
Il monte: ossatura del sole.

Tra le statue lignee
enorme è il cucciolo del mare.

Vedo il sangue e vedo la pietra
attraverso tutte le statue.

L’incubo tiepido e ignaro
– fico lattiginoso dell’insonnia –
non cola negli alveari.

Mia madre se n’è andata tanto giovane:
Dammi un bacio, poi dammi alla luce.

Beni Öp Sonra Doğur Beni

Şimdi
utançtır tanelenen
sarışın çocukların başaklarında.

Ovadan
gözü bağlı bir leylak kokusu ovadan
çeviriyor o küçücük güneşimizi.

Taşarak evlerden taraçalardan
gelip sesime yerleşiyor.

Sesimin esnek baldıranı
sesimin alaca baldıranı.

Ve kuşlara doğru
fildişi: rüzgarın tavrı.
Dağ: güneş iskeleti.

Tahta heykeller arasında
denizin yavrusu kocaman.

Kan görüyorum taş görüyorum
bütün heykeller arasında
karabasan ılık acemi

– uykusuzluğun sütlü inciri –

kovanlara sızmıyor.

Annem çok küçükken öldü
beni öp, sonra doğur beni.

Da Beni Öp Sonra Doğur Beni (1973)

Il vaporetto delle 8:10

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
C’è il centro di un giardino
un fiore invernale setoso e azzurro
e tu sali di sopra
a fumarti una sigaretta

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
C’è l’insonne lingua turca
Non sei felice del tuo lavoro
Né ami questa città
E l’uomo ripiega il giornale

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
Ci sono i baci di un tempo
il vetro appannato del bagno
– non ti si vede da alcuni giorni –
Ci sono le canzoncine della scuola

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
C’è il disordine di casa
e continui a passarti una mano sulla testa
per ricomporre
la tua solitudine che si perde nel vento

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
Ci sono le parole non dette
forse saranno cose da nulla
ma in quest’ora del giorno
si stagliano come monumenti

Nella tua voce cosa c’è, lo sai?
Ci sono le parole che non sapevi dire

8.10 Vapuru

Sesinde ne var biliyor musun
Bir bahçenin ortası var
Mavi ipek kış çiçeği
Sigara içmek için
Üst kata çıkıyorsun

Sesinde ne var biliyor musun
Uykusuz Türkçe var
İşinden memnun değilsin
Bu kenti sevmiyorsun
Bir adam gazetesini katlar

Sesinde ne var biliyor musun
Eski öpüşler var
Banyonun buzlu camı
Birkaç gün görünmedin
Okul şarkıları var

Sesinde ne var biliyor musun
Ev dağınıklığı var
İki de bir elini başına götürüp
Rüzgarda dağılan yalnızlığını
Düzeltiyorsun

Sesinde ne var biliyor musun
Söylemediğin sözcükler var
Küçücük şeyler belki
Ama günün bu saatinde
Anıt gibi dururlar

Sesinde ne var biliyor musun
Söyleyemediğin sözcükler var

Da Uçurumda Açan, 1984

[trad. N. Verderame]

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