Turchia, cultura e società

Kurtuluş, o meglio Tatavla / Memorie urbane

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Per chi arriva in questo quartiere, nascosto e anonimo dietro un incrocio e una fermata della metro, sembra che la città si confermi identica nel suo eccesso di cemento, traffico e confusione. Ma si tratta solo dell’inganno del primo sguardo, perché Kurtuluş nasconde, dietro le apparenze, una vitalità fatta di mille caffè, pasticcerie, ristoranti, negozi e venditori ambulanti che percorrono le strade da mattina a tarda notte. Soltanto dopo qualche giorno passato qui a fare compere e a percorrere i passages che connettono una strada all’altra pieni di gioiellieri, calzolai, sarti, si capisce un po’ di più il carattere di questo luogo che, anche se non è lontano dalla confusione del centro, conserva un’atmosfera più familiare e accogliente.

Kurtuluş ha una lunga storia. Sorto nel XVI secolo per ospitare i marinai greci che lavoravano nei cantieri navali ottomani di Kasımpaşa, questo quartiere prese il nome di Tatavla, composto dall’articolo greco “ta” e da “tavla”, che in turco indica le stalle per i cavalli. Abitato soprattutto dai Rum, come vengono chiamati appunto i greci di Turchia, il quartiere incominciò ad affollarsi di chiese e di locande, così come di scuole, di vigne e di giardini. La vita che vi si conduceva differiva così tanto da quella degli altri quartieri musulmani della città, che veniva chiamato anche “piccola Atene”. Insieme ai Rum, altre minoranze iniziarono a vivere a Tatavla, armeni per esempio, o ebrei, ma anche i commercianti europei cattolici chiamati “levantini”.

Il quartiere cambierà di nome solo nel 1929, dopo un incendio che distrusse molti dei suoi edifici. Il nuovo nome, Kurtuluş, “salvezza” in turco, fu scelto soprattutto in omaggio alla recente instaurazione della Repubblica, nel 1923. Cambiò anche la toponomastica delle strade, alcune di esse vennero dedicate a militari, altre ad animali della mitologia turca, come successe per esempio per la strada chiamata “Bozkurt”, che fa pensare subito ai Lupi grigi, l’organizzazione di destra ultranazionalista che prese come emblema il medesimo animale.

Nonostante questo, e dopo novant’anni, c’è ancora chi chiama il quartiere Tatavla: succede, sorprendentemente, tra i molti giovani che vi abitano. Il giornalista Hüseyin Irmak, che abita a Kurtuluş fin dall’infanzia e che ha scritto il libro Tatavla’dan Kurtuluş’a (Da Tatavla a Kurtuluş), mi spiega che negli ultimi anni gli abitanti hanno cominciato a voler conoscere la storia del loro quartiere. «Chi abita qui oggi ha spesso un alto livello culturale, e il quartiere attrae nuovi abitanti che cercano legami di vicinato ma anche maggior libertà nella propria vita», mi dice. Questa nuova ondata di persone dinamiche è di questi ultimi anni. Nel 2009 alcuni manifestanti, attaccati dalla polizia, hanno trovato protezione e riparo a Kurtuluş, e da allora il quartiere ha portato con sé la fama di un luogo di resistenza e solidarietà.

Ma se ancora oggi a Kurtuluş continuano a trovare spazio le minoranze della migrazione interna (i curdi, per esempio), e quelle della migrazione internazionale (siriani, ecc.), che cosa è stato della presenza greca? Contro i Rum– che hanno conosciuto un processo di migrazione forzata con lo scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia alla fine della guerra tra i due paesi, nel 1923 – ci sono stati nel XX secolo gravi episodi di violenza come il “Pogrom di Istanbul” del 6 e 7 settembre 1955, quando furono distrutte chiese e negozi dei greci, furono bruciate macchine e negozi, e furono fatte decine di morti. Da allora i Rum hanno continuato a tornare in Grecia. A Kurtuluş oggi ne rimangono cinquecento. È stato grazie al libro che Hüseyin, ad Atene, ha potuto rincontrare due suoi amici d’infanzia che avevano lasciato la Turchia 42 anni fa.

Racconta ancora il giornalista: «Dal 2009 al 2014 abbiamo organizzato nuovamente a Kurtuluş il carnevale, che qui ha una tradizione di cinquecento anni e che è stato proibito dagli anni ’40 in poi. È stato un successo, i giovani greci sono scesi in strada e i vecchi applaudivano, piangendo, dalle finestre. Ci siamo fermati negli ultimi anni perché abbiamo paura che la polizia possa intervenire e creare problemi proprio alla comunità greca». Ma non per questo è stato vana l’iniziativa di averlo riproposto e organizzato: con la festa è aumentata la volontà di riscoprire le origini di un quartiere che è stato oggetto di una grande operazione di cancellazione della memoria. Adesso ci sono sempre più persone che chiamano con orgoglio il proprio quartiere Tatavla. (Luca Onesti)

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