Esce in libreria il 13 maggio per Adelphi Un uomo inutile, la raccolta dei più bei racconti di Sait Faik Abasıyanık, pubblicati tra il 1936 e il 1954, nella traduzione a doppia firma di Giampiero Bellingeri e Fabrizia Vazzana.
Finalmente si colma nel panorama editoriale italiano quella che appariva come una grande lacuna nelle traduzioni letterarie dal turco. I testi del libro provengono da diverse raccolte che abbracciano tutta la produzione dello scrittore: Semaver [Il samovar, 1936], Sarnıç [La cisterna, 1939], Şahmerdan [Il battipalo, 1940], Lüzumsuz Adam [Un uomo inutile, 1948], Mahalle Kahvesi [Il caffè del quartiere, 1950], Havuz Başı [Alla fontana, 1952], Son Kuşlar [Gli ultimi uccelli, 1952], Alemdağ’da Var Bir Yılan [Un serpente sull’Alemdağ, 1954]. La raccolta, che esce nella collana Fabula, prende il titolo dal racconto Un uomo inutile di cui anche noi avevamo proposto la traduzione, per la penna di Giulia Ansaldo, con il lancio della rivista.
In occasione della sua pubblicazione in italiano, su concessione della casa editrice, abbiamo pubblicato la postfazione al volume. Di seguito il risvolto:
«Lui è nato per osservare il mondo con meraviglia» scrive Sait Faik Abasıyanık di uno dei suoi tanti doppi che compaiono in questi racconti. «Per stupirsi senza capire nulla. Camminare per le strade, vedere e non vedere che cosa fa la gente». E poi? «Indugiare su un ponte e guardare in basso il colore dell’acqua, ammirare le gambe di una ragazza» – e chiedersi: «quella ragazza, chi riuscirà a baciarla?». Un incorreggibile flâneur: questo è stato Sait Faik, uno dei massimi scrittori turchi del Novecento. Dopo studi irregolari, una manciata di anni trascorsi in Francia, fiacchi tentativi, sempre falliti, di rassegnarsi a un qualsivoglia mestiere, il perdigiorno bramoso di «amare la gente» non ha fatto altro che immergersi nell’esistenza brulicante e misera dei quartieri cosmopoliti di Istanbul, e osservare avidamente, con gli occhi sempre un po’ lucidi per il troppo rakı, non solo gli esseri umani – lo attraggono, in particolare, certi «ragazzi di vita» che quasi mai trova il coraggio di abbordare – ma anche i cani, gli uccelli, i pesci, il cielo, il mare, i tram, le chiatte, i taxi… È qui che, tra osterie, bordelli, pasticcerie e alberghetti, vagabonda e beve per tutta la sua breve vita, fino a morire, a soli quarantotto anni, di cirrosi epatica. Eppure questo irriducibile sfaccendato riesce a perseguire con indomabile tenacia la propria vocazione letteraria, e a tracciare, un racconto dopo l’altro, una pennellata dopo l’altra, un affresco partecipe e struggente del mondo stambuliota della prima metà del Novecento – «venditori di giornali, di fiammiferi, di stecche per baveri e bustini, mercanti d’amore… costruttori, pizzicagnoli, teatranti, scrittori, librai, acquaioli, tabaccai, professori, lustrascarpe, studenti…» – in una prosa asciutta e affilata, e insieme ebbra, franta, trafelata come dopo una lunga corsa, nella quale baluginano, qua e là, folgoranti accensioni liriche: «Desiderava tanto baciare delle labbra: morbide, umide, insipide o saporite, crepitanti come capelli elettrici… Voleva impazzire al calore di una mano».
Un uomo inutile di Sait Faik
Trad. dal turco di Giampiero Bellingeri e Fabrizia Vazzana
Adelphi, 2021, 263 pagine
ISBN: 9788845935671
19 €