Turchia, cultura e società

Bülent Ersoy, la Diva

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Capelli neri e folti, occhi allungati e contornati di eyeliner, naso piccolo, bocca carnosa e sempre un gusto eccentrico nell’abbigliamento, Bülent Ersoy è un’icona della musica, «cantante di musica turca tradizionale, alaturka, con voce, capacità d’interpretazione e personalità ineguagliabili» scrive di lei la giornalista Pınar Öğünç.
Nato a Malatya nel 1952, all’anagrafe Bülent Erkoç, conosciuta dopo il cambio di sesso con il soprannome di «Diva» ha segnato la storia della musica in Turchia. Cresciuto con la famiglia a Istanbul, dice di aver cominciato a studiare musica a tre anni prendendo lezioni al conservatorio da grandi compositori e maestri tra cui Rıdvan Aytan.
Nel 1970 ha cominciato a esibirsi in pubblico, nel 1971, non ancora ventenne, incide il primo album. Per tutto il decennio si esibisce in meyhane e gazino, locali notturni a consumazione alcolica con spettacoli di musica dal vivo, dove conosce alcuni dei grandi nomi della canzone artistica tradizionale come Müzeyyen Senar e Zeki Müren. In quegli anni diventa uno dei volti noti che si esibiscono nel prestigioso Maksim gazinosu di Istanbul e verso la fine degli anni Settanta e Ottanta recita in numerosi film che testimoniano anche del suo graduale cambiamento fisico.
Nell’agosto 1980, un mese prima del colpo di stato militare, quando dopo l’ovazione del pubblico durante un’esibizione alla Fiera di Izmir si scopre il petto in una performance scioccante per il contesto e l’epoca, il procuratore della repubblica apre un’indagine nei suoi confronti. Dopo aver insultato il giudice incaricato di notifica al suo domicilio, Ersoy viene arrestata, condannata a undici mesi e rimane in prigione quarantacinque giorni. Durante il periodo di legge marziale, nel 1981, la polizia di Istanbul vieta un suo concerto che doveva tenersi nel giugno dello stesso anno e l’indomani sono interdetti dai palcoscenici tutti gli altri artisti travestiti e transessuali. Il divieto resta in vigore per otto anni.
La decisione viene presa due mesi dopo che l’artista, nell’aprile 1981, si fa operare a Londra per la riassegnazione chirurgica del sesso, episodio che ha una copertura mediatica eccezionale. I giornali dell’epoca riportano addirittura il costo dell’operazione, seimila sterline, tanto la questione suscita dibattito e interesse nel paese. Nello stesso periodo giornali satirici di grande tiratura come Gırgır dedicano un gran numero di vignette al travestitismo e alla transessualità senza esplicitamente nominare la Diva ma contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione.
Uno degli argomenti trattati dai quotidiani riguardava il suo ritorno nel paese da donna, dopo essere partito uomo. Ersoy riesce infatti a ottenere il documento d’identità «rosa» attribuito alle donne – quello «azzurro» è per gli uomini – soltanto nel 1988, sotto il governo guidato dal primo ministro Turgut Özal che promulga una legge che ammette il cambio di sesso. Lo stesso anno decade anche il divieto di esibizione per gli artisti transessuali. Negli anni di esilio artistico dalla Turchia, vissuti tra la Germania e l’Australia, la sua fama supera i confini nazionali: Ersoy diventa la prima artista turca a esibirsi in un tempio della musica come il Palladium di Londra nel 1980, al Madison square garden di New York nel 1983, e successivamente all’Olympia di Parigi nel 1997.
Grande interprete di brani della musica turca tradizionale, negli anni Ottanta e Novanta, all’apice della sua carriera, si cimenta anche in generi più commerciali come l’arabesk, il pop e il fantazi secondo la moda dell’epoca con brani diventati cult nell’ambiente Lgbt come Sefam Olsun del 1993, inno all’edonismo e alla libertà sessuale.

Al centro di scandali, incidenti, vicende giudiziarie, una delle quali sfociata in una seconda condanna a due mesi di carcere per aver aggredito un giornalista nel 1982 – ottenendo di essere assegnata in un dormitorio femminile – Ersoy è all’onore delle cronache in numerosissime occasioni. Nel 1989, durante un concerto tenuto a Adana, è ferita con un colpo di arma da fuoco, che le causa la perdita di un rene, da parte di un fan che le spara perché la Diva si rifiuta di interpretare il brano Çırpınırdı Karadeniz, nota ballata del Mar Nero amata dagli ultranazionalisti.
Bülent Ersoy è un’icona dalle acconciature eccentriche e dal vocabolario complesso che include numerose parole ottomane; anche la sua interpretazione del nazionalismo è particolare, oscillando tra posizioni conservatrici e liberali. E proprio le sue manifeste posizioni di vicinanza a Recep Tayyip Erdoğan recentemente l’hanno portata a essere bersaglio dei media; in particolare il 26 giugno 2016, giorno in cui per il secondo anno consecutivo è stata vietata la marcia dei diritti Lgbt, la Diva è stata immortalata al tavolo dell’iftar, la cena del mese del Ramadan, indetta da Erdoğan per gli artisti. Per l’occasione i media hanno ricordato le sue dichiarazioni rilasciate immediatamente dopo il golpe del 1980 in cui loda il generale Kenan Evren per aver posto fine alle violenze di strada quotidiane tra destra e sinistra, per poi allontanarsi da quelle stesse posizioni criticando ad ogni occasione la legge che vieta agli artisti trans di esibirsi. Da paladina e antesignana della battaglia per i diritti Lgbt in Turchia a conservatrice vicina alle figure di potere, dalla carriera artistica straordinaria con oltre cinquanta album all’attivo oltre alle innumerevoli vicende di cronaca, la Diva rappresenta con la sua esperienza artistica e umana alcune tappe fondamentali della storia turca dagli anni Settanta a oggi.


Articolo a cura di Kaleydoskop uscito per la rivista libro The Passenger – volume dedicato alla Turchia, a giugno 2020. Illustrazione di copertina di Edoardo Massa.

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