Turchia, cultura e società

Lontananze

in Scritture

La Città dal Mantello Rosso è il terzo libro pubblicato in Italia di Aslı Erdoğan. Uscito per Garzanti a pochi giorni dal lockdown, quello che è acclamato come il principale romanzo della scrittrice in patria e all’estero è rimasto per evidenti ragioni nell’ombra.

Il Mandarino Meraviglioso, il suo primo libro pubblicato in italiano da Keller nel 2014, aveva avuto un’accoglienza silenziosa ma molto calorosa da parte della critica. Dopo l’arresto della scrittrice per il suo coinvolgimento nel processo al quotidiano Özgür Gündem in seguito al tentato golpe del 2016, l’attenzione mediatica su di lei è salita improvvisamente portando alla seconda ristampa del primo libro e alla pubblicazione del secondo per una major dell’editoria, Neppure il Silenzio è più tuo, una raccolta di suoi articoli e scritti. Contemporaneamente si sono susseguite interviste, inviti, premiazioni in Italia e all’estero, specialmente in Francia, unico paese ad aver pubblicato l’intera opera della scrittrice.

Nell’esplicito intento di contribuire a rilanciare questo libro proponiamo qui un breve estratto del romanzo La Città dal Mantello Rosso e lasciamo che sia la stessa Aslı Erdoğan a dire perché lo facciamo:

Se una «scrittrice», nei giorni in cui pubblica il suo primo romanzo in Francia, raccontasse di occupare i titoli dei giornali nel suo paese perché «non porta il reggiseno», anche io nutrirei forti dubbi a proposito della sua salute mentale. Una «scrittrice» i cui testi e libri sono tradotti in più di venti lingue, che per di più scrive come opinionista su un giornale, non può supervisionare, confermare, neppure far tradurre e leggere tutto ciò che si dice riguardo ai suoi scritti e alla sua vita. Chi non vorrebbe che fossero recensiti i propri libri, che venisse data notizia dei premi ricevuti, che fossero fatti paragoni con scrittori del calibro di Artaud? Ma mentre tutto ciò viene accolto con un silenzio da lasciare a bocca aperta, cadere nelle mani dei media per eventi umani come bruciature, operazioni, emorragie non mi rende responsabile, ma vittima. E se la stessa scrittrice raccontasse che, a forza di udire per anni nelle strade, nei convegni, ovunque innumerevoli affermazioni sul corpo, la bruttezza, la sessualità, ne ha fatto un oggetto di scrittura venendo poi ritenuta responsabile e accusata di averne parlato sulla carta stampata per «attirare l’attenzione» su un libro scritto a proposito di sé stessa… racconterebbe di vivere in una società talmente distaccata dalla realtà da non riuscire a formulare la domanda «Chi è la vittima?».

(Neppure il Silenzio è più tuo, Garzanti, 2017, p.24)

 


LONTANANZE

Una lega oltre l’inferno è il paradiso
Un passo oltre il paradiso è l’inferno
Proverbio iraniano

La sera che comprò il quaderno con la scritta PROTEGGI LA NATURA! L’ESTINZIONE È PER SEMPRE sulla copertina, era stata rilasciata dopo otto ore di tortura dalla stazione di polizia. Si era infilata in una pizzeria di Catete a bere un bicchiere di succo di papaya dopo l’altro, infinite tazze di caffè e a fumare forse un intero pacchetto di sigarette; poi da un ambulante comprò il quaderno più spesso mai visto in vita sua. Fatto sta che ci vollero giorni prima che potesse scrivere questo sulla prima pagina.

Giuro di dire la verità, nient’altro che la verità. È questa la frase di apertura di chi siede al banco dei testimoni, almeno nei tribunali di Hollywood… Eppure una scrittrice che comincia in questo modo deve accettare sin dall’inizio di essere stesa al tappeto. Anche se prova a scrivere soltanto i fatti, fatti entusiasti di parlare a proprio nome, è costretta a fare scelte appena comincia a riempire la matrice che ha davanti. Cosa, chi, quale? Si accorgerà che gli stessi fatti disposti in maniera diversa danno origine a tutt’altre verità, come le infinite combinazioni offerte da un mazzo di poker da ventisei. Non si può neanche affermare l’oggettività delle scelte. Volente o nolente farà discriminazioni, favoritismi, un paio di sotterfugi, qualche imbroglio; tutte le paure, le aspettative, il senso di inadeguatezza di non avvicinarsi alla confessione, d’un tratto usciranno alla luce del sole, rosicando qua e là lo spirito di osservazione di cui va tanto fiera. Perché nessun ego è piccolo al punto da poter tenere testa alla propria verità. Superata anche quella fase senza perdere la fiducia – che deve essere celebrata particolarmente per la sua audacia e il suo idealismo – scenderà a patti una volta compresa la necessità di creare con le proprie mani un ponte tra i fatti e le parole, senza istruzioni, e di sormontare da sola ogni cosa, dalla scelta del materiale all’illuminazione. Ma la più spaventosa delusione che la aspetta si trova alla fine di innumerevoli giorni e notti che accentueranno un’altra ruga sulla fronte, trascorsi tra quattro mura in un mare di posacenere. Ciò che viene alla luce alla fine di molteplici sforzi, sacrifici, strapazzi e crisi, è un ponte del tutto inatteso, un ponte che non conduce al di fuori, verso il mondo esterno. Mentre la vita scorre con tutta la sua indifferenza e ironia, lei avrà costruito soltanto una torre di avvistamento privata nello spaventoso deserto della realtà. Una torre dalle tavole crepate, esposta ai venti, traballante, tempestosa… Alla fine, chiunque prende in mano una penna è costretto a lottare allo stremo con questa domanda: Quanto POSSO RESISTERE alla realtà?

Non si ricordava quando avesse deciso di cominciare a scrivere La città dal mantello rosso, non pensava neppure di averlo «deciso». Come ogni cosa determinante nella sua vita era il prodotto di coincidenze, intrecci, combinazioni inspiegabili. Era nato repentino come una passione, trovando Özgür impreparata. Aveva quella remissività dei figli indesiderati. Nei primi mesi carichi di dolore e paura a Rio, la sua immaginazione si era contorta come una giumenta dal ventre gonfio in preda alle contrazioni, che non riesce a partorire. La trasformazione cui aveva messo l’etichetta «Periodo di Distruzione» si realizzava a una velocità inconcepibile. Ai tropici ogni cosa marciva velocemente, e altrettanto velocemente si rinnovava. Il posto degli alberi tagliati in una notte era ricoperto da una foresta fatta di erbe selvatiche, arbusti spinosi, rampicanti velenosi. Il caos prendeva il posto dell’ordine; dell’unità delle parti, dell’addomesticamento selvaggio… Una prova bella e buona della termodinamica nell’universo che si dice retto dalle leggi della fisica…

 

La città dal mantello rosso di Aslı Erdoğan
(tit. or. Kırmızı Pelirinli Kent, Everest, 1998)
trad. dal turco di Giulia Ansaldo
Garzanti, 2020, 156 pagine
ISBN: 9788811606789
17 €

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Un racconto di Gönül Kıvılcım, traduzione di Fabrizia Vazzana
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