Turchia, cultura e società

Istanbul: paradiso per turisti, inferno per gli abitanti

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Il nuovo video promozionale del Ministero della Cultura e del Turismo turco, che include lo slogan “Istanbul is the new cool,” ha causato molta indignazione. Ciò che più colpisce è la rappresentazione di una città completamente vuota, fatta eccezione per i turisti. Si tratta di un’Istanbul ripulita dalle folle, dalla spazzatura e dal traffico. Ancora più offensivo è il fatto che il video promuova tutto ciò che il governo con il suo programma conservatore sta cercando di limitare (la vita notturna, la creatività, la cultura giovanile, il bere, il far baldoria). Articolo uscito in originale su duvaR.english e firmato Kenan Behzat Sharpe. 


Nell’agosto 2005, la rivista Newsweek consacra Istanbul “la città più trendy d’Europa”. Mi sono trasferito in città solo alcuni anni dopo, nel 2009, e la città era ancora in fermento. Riponendo molte speranze sulla candidatura della Turchia all’UE, nel 2010 Istanbul è dichiarata Capitale della Cultura Europea. Ma, come era anche scritto sulla copertina di Newsweek, “Istanbul, in fin dei conti, potrebbe non aver bisogno dell’Europa”.

A quel tempo, la città era in competizione con Berlino e Belgrado come crocevia per artisti, studenti in Erasmus, imprenditori, registi, musicisti e turisti. E gli stranieri non erano gli unici a godere di questa atmosfera. Vivere in Turchia non è mai stato semplice, ma nonostante le difficoltà, sono stati proprio gli abitanti del posto a lottare con le unghie e con i denti per aprire i bar e i locali più famosi di quel periodo, per fondare band e aprire spazi espositivi. Avevano seminato il terreno e ne stavano raccogliendo i frutti.

Non è un segreto ciò che accade in seguito. Durante le proteste di Gezi del 2013, l’energia artistica e culturale della “trendy Istanbul” si fonde con la crescente frustrazione politica dovuta all’autoritarismo e al conservatorismo del governo. Le persone erano furiose soprattutto per il modo in cui il tessuto urbano di Istanbul fosse ridotto a un gioco di lego tra le mani del governo. Invocavano il loro democratico “diritto alla città”.

Dopo le proteste del 2013, i fumogeni non hanno mai smesso di infestare l’aria di Piazza Taksim. La maggior parte delle proteste pacifiche sono state represse, le manifestazioni delle Giornate Internazionali delle Donne e del Pride sono state trasformate in annuali scontri con la polizia, e le cose sono solo peggiorate dopo il tentato golpe del 2016. Ancora più giornalisti sono stati arrestati, il tasso di femminicidi, che era già tremendamente alto, è salito alle stelle, e così via.

Recentemente, con le restrizioni attuate per contenere il COVID-19, sono stati limitati sia la musica che l’alcool (già molto costoso a causa delle tasse eccessive). Come lo stesso Presidente Erdoğan ha ammesso: “Nulla in Turchia contraddice le credenze dei Talebani”. Con tutti questi cambiamenti, la Turchia è divenuta sinonimo di “autoritarismo” e “conservatorismo” e non più di “tendenza”. I turisti sono più esitanti e cauti nel visitarla, mentre gli istanbulioti che non possono o che si rifiutano di lasciarla, continuano a resistere alla tempesta.

Questa rapida discesa dal “paradiso all’inferno” è proprio il motivo per cui il nuovo video promozionale del Ministero della Cultura e del Turismo turco ha causato una così forte indignazione. Il video è stato pubblicato il 27 luglio e include come slogan la frase “Istanbul is the new cool”. Come ci si aspetta, valorizza i lati più belli della città: il Bosforo, la torre di Galata, Santa Sofia, il Gran Bazar e quartieri storici come Beyoğlu e Karaköy. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Istanbul può essere meravigliosa, ma anche terrificante, ciò non rende la sua bellezza meno reale.

Quello che più colpisce è la rappresentazione di una città completamente vuota, fatta eccezione per i turisti che risultano gli unici eroi del video. Si tratta di un’Istanbul ripulita dalle folle, dalla spazzatura e dal traffico. Gli attori si aggirano tra le strade deserte, indossando capi d’alta moda dai colori sgargianti. Gli unici cittadini turchi ad apparire in video sono i lavoratori: baristi, camerieri, negozianti. Gli abitanti sono quelli che hanno il compito di servire i ricchi visitatori stranieri.

Il messaggio che viene trasmesso è lo stesso dello slogan usato in un’altra recente debacle del Ministero della Cultura e il Turismo: mascherine per i lavoratori del settore del turismo che recitavano “Enjoy, I’m Vaccinated”. Anche le strade vuote e sanificate ricordano le restrizioni del COVID-19 che permettevano ai turisti di passeggiare per le città o nuotare nelle spiagge della Turchia mentre i cittadini turchi venivano multati se provavano a far lo stesso.

Ancora più offensivo è il fatto che il video promuova tutto ciò che il programma conservatore del governo sta cercando di limitare (la vita notturna, la creatività, la cultura giovanile, il bere e il far baldoria). Negli ultimi anni, la guerra culturale del partito al potere è accelerata rapidamente. La vendita di alcol è stata bandita durante la seconda ondata di lockdown.

I musicisti (inclusi gli Ayyuka, la cui canzone Yukadans è usata nel video) sono rimasti disoccupati e senza alcun sostanzioso sostegno da parte del governo durante l’anno e mezzo in cui la musica live è stata vietata. Più il governo condanna l’alcol, la danza, la controcultura e tutto ciò che rendeva Istanbul “cool”, più il cittadino conservatore medio si sente giustificato quando guarda lascivamente, segue, o picchia donne, persone queer, o chiunque viva “in modo diverso” — come le ballerine di strada nel video o le donne dagli abiti androgini.

Lasciamo perdere le minigonne mostrate dal Ministero della Cultura e del Turismo, nella realtà di Istanbul, le donne non possono nemmeno indossare tranquillamente i pantaloncini. È una fortuna, quindi, che le strade di questa città di fantasia siano vuote. Non solo non ci sono cittadini conservatori in vista, non c’è proprio nessun cittadino. È per questo che il video ha causato una reazione così forte sui social media. Mentre a livello locale ci viene fatta ingoiare la propaganda conservatrice, l’immagine che viene trasmessa a livello internazionale è quella di una città tollerante e trendy.

Ciò non vuol dire che Istanbul non sia trendy, la mia rubrica [duvaR.english, NdT] generalmente si occupa di tutto ciò che ci può essere di suggestivo nella vita notturna, nella musica, nel cinema e in molto altro ancora. Ma, salvo poche eccezioni, dovremmo sempre ricordare che queste cose non esistono grazie ai vertici di governo ma malgrado loro.

La scena qui è piena di individui eccezionalmente creativi e resilienti. Però, ogni giorno, sempre più persone se ne vanno. Mentre nel periodo di massimo vigore d’Istanbul tedeschi e altri europei erano soliti stabilirsi qui, un numero sempre maggiore delle nostre menti più brillanti sta facendo domanda per dottorati di ricerca o sta cercando altri modi per ricominciare la propria vita a Berlino o Londra.

Per non rischiare di pensare che il video stesse promuovendo, anche se in modo cinico, uno stile di vita secolare, le ultime inquadrature permettono al partito al potere di inserire anche la propria rivincita. Il video termina con la vista della fallica torre radio-televisiva Çamlıca e della moschea di Çamlıca, entrambi progetti visti dal presidente come una cementificazione simbolica della sua immagine nello skyline di Istanbul. Queste grigie mostruosità rappresentano con più esattezza l’Istanbul che è stata creata in questo ultimo decennio.


Traduzione di Rosa Aramini

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