Mostro, un racconto inedito di Aslı Erdoğan
Mentre provava il costume per il ballo, il signor Sapiens notò il primo indizio della tragedia imminente: poco oltre le ville, una baracca di stecchi e arbusti che faceva pensare a un nido di cicogna. Un uccello del malaugurio, tutto nero, venuto da molto lontano si era istallato sulle praterie desolate tra la foresta e la città.
Un continente ancora inesplorato sulla terra! E in quest’epoca!! Il signor Sapiens era allora alle elementari, si ricorda ancora quell’emozione senza uguali, ancora la racconta. Un continente nascosto nell’immensità dell’oceano e i suoi abitanti ineguagliabili. A quella sottospecie cui erano stati attributi diversi nomi, in principio Homo Fabiensis, Homo Jamesiansis (uomo di scienza che tramite l’esplorazione scopre l’isola e la specie), homo avaianucus, neo-neanderthalensis, post-neander eccetera, quelle nuove persone non incluse in nessuna specie umana conosciuta sino a quel giorno, erano ormai chiamate soltanto “mostri”.
Estremamente bassi, dal naso lungo, la faccia allungata, avevano il cranio e di conseguenza il cervello più grande di tutte le specie umane conosciute. Nonostante ciò, non avevano sviluppato neppure una rivoluzione agricola, industriale o cognitiva, non avevano sviluppato neppure una lingua grammaticale. I loro unici vantaggi rispetto all’essere umano erano il senso del gusto e dell’olfatto molto sviluppati. E certamente una maggiore sensibilità non era considerata un vantaggio… Le leggende che avvolgevano quella sottospecie avevano preso il sopravvento sui dati scientifici. Da decenni si raccontava che mangiassero bambini vivi, che potesserono involarsi con delle ali, che la notte facessero impazzire le donne che entravano nei loro sogni per impossessarsene… A dire il vero erano innocui e inutili, la loro testa, i loro muscoli e la loro anima non erano sviluppati, non si accordavano al sistema, alla moderna società umana, in breve, non funzionavano. In seguito a complicatissimi processi legali, politici e sociali erano stati lasciati nel luogo cui appartenevano, la foresta. Ma spinti da un impulso inesplicabile si avvicinavano al mondo degli uomini, prima tre o quattro alla volta, poi in tribù numerose che assediavano le città, si esaurivano per le più disparate malattie sconosciute dal loro sistema immunitario.
Il signor Sapiens era un uomo di cultura, navigato, intelligente, in pace con la vita sin da quando era nato. Era conosciuto per la sua capacità di autocritica e la sua ironia. Per il “Giorno dei Morti” aveva organizzato un ballo in maschera ispirato al famoso racconto di Edgar Allan Poe. Sette stanze che si aprivano l’una sull’altra tramite corridoi con svolte acute, finestre gotiche, e fiamme su tavolini di ferro che servivano al tempo stesso da bracieri… La stanza blu dalle finestre blu… La stanza lilla, arancio, verde, bianco e viola, erano state approntate in modo anacronistico, conformemente alla concezione multiculturale dei nostri tempi. Ogni stanza rappresentava un continente della terra, con flora e fauna autentiche, cibi e bevande rari… L’ultima, la stanza nera, invece era vuota eccetto un orologio a pendolo antico i cui ingranaggi di ottone emettevano suoni spaventosi allo scandire di ogni ora. Anche la Sfinge dal valore inestimabile che il signor Sapiens aveva fatto arrivare appositamente per quella serata, era in quella stanza.
Gli ospiti avevano affinato la loro forza d’immaginazione, si erano travestiti con costumi medievali uno più inventivo dell’altro: Cavalieri, monaci, principi e principesse che mostravano caratteristiche del quattordicesimo e diciottesimo secolo, invasori mongoli, boia e streghe, medici della peste, fantasmi… Nelle stanze si aggiravano cumuli di fantasticherie, la musica incalzava, le fantasie si ravvivavano oscillando da una parte all’altra. Le risate si levavano nell’aria, vassoi e tazze erano svuotate velocemente, la vita era al culmine, a parte nell’ultima stanza nera… Non una sola delle persone in maschera aveva messo piede in quella stanza. La Sfinge che non riusciva a trovare nessuno cui porre enigmi sonnecchiava, si svegliava di soprassalto ad ogni ora, dopo una maestosa imitazione di quegli strani colpi spaventosi dell’antico orologio, si rimetteva a dormire.
Quando l’orologio batté la mezzanotte, la musica si fermò improvvisamente, i danzatori rimasero fermi al loro posto. Prima che svanissel’eco degli ultimi rintocchi, comparve un ospite che nessuno aveva notato prima. Basso di statura, dalla faccia allungata, il naso lungo e appuntito che ricordava un becco. Il suo costume composto da una pelle a brandelli color pergamena ricopriva lo scheletro, gli zigomi, i gomiti e le ginocchia erano schizzati fuori stracciando quella pelle. Gli ospiti impauriti e disgustati indietreggiarono verso i muri. Lo scheletro, senza incontrare alcuno ostacolo, a passi lenti si avviò prima nella stanza lillà. Da lì a quella arancione, poi verde…
Il signor Sapiens corse dietro l’ospite senza invito, si trovarono a faccia a faccia davanti all’ultima stanza. Si accorse con orrore che il mostro – sì, quello era davvero un mostro – non aveva indossato un costume, era praticamente nudo, non portava maschera. Il signor Sapiens era senz’altro al corrente della “morte secca” che si diffondeva velocemente tra i mostri, l’ultima epidemia che faceva scalpore sui giornali; i sospetti che quella malattia potesse diffondersi anche tra gli esseri umani faceva aumentare ulteriormente il terrore. La morte secca uccideva dolorosamente…. Chi ne era affetto non riusciva più a bere neppure un sorso d’acqua a causa dell’ispessimento della gola. Da sempre contrario alla violenza il signor Sapiens non era in grado di alzare la mano su una donna, fosse anche un mostro, forse la più gracile donna al mondo. Chiamò la polizia, le squadre di pronto soccorso. Finché tutte le istituzioni di sicurezza non misero mano sull’accaduto, nessuno entrò nella stanza nera.
All’inizio si sentì un grido strozzato, presto si arrestò. Quando ricominciò si trasformò in un urlo di cui si potevano distinguere bene o male le parole. Poi un grido acuto, continuo… Una risata più spaventosa del grido… Una voce che non era chiaro se fosse un grido o una risata, se provenisse da un uomo o da un animale, da un essere vivente, da un corpo, da un’anima o da un orologio meccanico… Nessuno seppe mai cosa ci fosse nell’ultima stanza nera, nessuno risolse l’enigma. Chissà, forse il mostro ignaro di concetti come divertimento e gioia, aveva preso il ballo in maschera per un rituale di rinascita, anche un pappagallo, ultimo esemplare della sua specie, aveva preso parte a quel rituale selvaggio. Quando la polizia si disperse per la stanza con l’equipaggiamento disinfettante, trovò la Sfinge e il mostro morti a terra. Il pappagallo aveva appoggiato la testa sul petto nudo della donna, e la donna lo aveva abbracciato con le sue mani scheletriche simili ad artigli, aveva allungato il suo naso lungo e appuntito verso il becco dell’uccello. Come un uccellino affamato che si allunga verso la madre.
La villa e i dintorni vennero disinfettati, gli ospiti messi in quarantena, le baracche simili a nidi di cicogne nelle vicinanze della città furono date alle fiamme insieme ai loro abitanti. Ma ancora, nonostante tutto, la paura e l’oscurità presero tutti alla gola, sempre, come sempre era successo.
Traduzione di G. Ansaldo
Mostro è un racconto inedito di Aslı Erdoğan. Diritti riservati per la traduzione italiana ©Kaleydoskop, 2020, su concessione dell’autrice.
Aslı Erdoğan (1968-). Di formazione fisica si è dedicata completamente alla scrittura a partire dal 1996. Scrittrice, opinionista, attivista per i diritti umani, è stata arrestata il 19 agosto 2016 in seguito alla chiusura del giornale Özgür Gündem. Numerosissimi i premi letterari e civili ricevuti in Turchia e in Europa. Attualmente vive in Germania. Un documentario dedicato a lei e ad altre donne di cultura e artiste finite nel mirino del governo è stato realizzato nel 2019, Terroriste. Zehra e le altre. Attualmente è in corso di realizzazione un lungometraggio dedicato a lei e alla sua scrittura per il quale è stata lanciata una campagna di raccolta fondi tramite Indiegogo dal regista Adar Bozbay.
Illustrazione di copertina di ©Merve Funda Yerge