Turchia, cultura e società

Akbelen Ikizköy

Akbelen resiste contro la miniera. Intervista

in Società/Spazi

L’ultima settimana di luglio, nella località di Akbelen, nel sud ovest della Turchia, un movimento di abitanti e attivisti/e ambientali ha cercato di difendere gli alberi di una foresta dall’espansione di una miniera di carbone. La miniera alimenta alcune centrali termiche a poche decine di chilometri da Bodrum, l’antica Alicarnasso, oggi una delle destinazioni turistiche più in voga del Mediterraneo.

Nonostante la resistenza, dopo una serie di interventi brutali da parte di esercito e polizia, la compagnia mineraria ha portato a termine il disboscamento e la foresta ora è come un grande cimitero. I movimenti ambientalisti però continuano a resistere affinché gli abitanti non perdano le proprie case e le proprie terre e la foresta possa ricrescere.

Per comprendere meglio le ragioni e le prospettive della protesta, abbiamo intervistato Selen Çatalyürekli, documentarista e attivista ambientale che lavora da anni su questo territorio ed è stata presente durante gli avvenimenti delle ultime due settimane.


Prima di raccontare cosa è accaduto alla fine di luglio facciamo un passo indietro per raccontare la storia e le ragioni di questo movimento. Quando è iniziata la lotta degli abitanti contro l’espansione di questa miniera e delle centrali termiche?

A partire dai primi anni Ottanta, nella regione di Muğla, nelle località di Yatağan, Kemerköy e Yeniköy, sono state installate tre centrali termiche a carbone, connesse a delle miniere nella stessa area. Sia le miniere che le centrali erano di proprietà statale, ma nel 2014 si è proceduto alla privatizzazione e all’estensione del limite di durata delle installazioni, nel frattempo scaduto, per altri 30 anni. Il caso degli ultimi giorni riguarda la miniera che si estende per 15 chilometri tra Kemerköy e Yeniköy, di proprietà – insieme alle due centrali termiche omonime e ad una connessa area portuale sul mar Egeo – della Limak Holding e della IC Holding.

Ikizköy è la dodicesima area residenziale che la miniera di carbone ha “ingoiato” e ha fatto scomparire. Nel 2017 i suoi abitanti hanno iniziato a ricevere delle lettere dalla compagnia mineraria che chiedeva di vendere le loro case. Quelle lettere in realtà non erano una semplice proposta di acquisto: pur non dicendolo esplicitamente, gli abitanti capivano che se non avessero venduto subito, la terra sarebbe stata probabilmente espropriata dallo stato. In più, come era accaduto dagli anni Ottanta in poi, si promettevano lavori e un maggiore sviluppo della zona. In qualche modo si forzava a vendere perché tutti conoscevano la storia dei villaggi precedenti: se nessuno di quelli era sopravvissuto all’espansione della miniera, dovevano pensare gli abitanti di Ikizköy, non ci sarebbero riusciti nemmeno loro. Da soli non avrebbero avuto la forza di resistere…

Nel mio documentario racconto le pressioni e le strategie attraverso cui quelle vendite sono di fatto avvenute. Gli abitanti si sarebbero potuti opporre e organizzare in modo diverso, ma in quegli anni era difficile farlo, soprattutto per persone in gran parte anziane e con poche informazioni a disposizione. Da allora, però, è iniziato un processo di apprendimento. Ad esempio uno degli abitanti, un insegnante, ha scritto un articolo in un giornale locale e si è iniziata a conoscere meglio la Legge sugli Ulivi del 1939, dove si dice che le attività minerarie non possono avvicinarsi a più di 3 km dagli oliveti. Dal 2019 gli abitanti hanno iniziato quindi a resistere in maniera più forte e organizzata.

Cosa è successo dopo il 2019?

Quando la compagnia ha comprato le terre del villaggio, ha assicurato che non si sarebbe espansa oltre, permettendo alle persone di ricostruire la loro casa in uno spazio sottostante, adiacente alla foresta di Akbelen e alla miniera. A differenza delle buone condizioni monetarie che lo stato aveva garantito con gli espropri dei decenni precedenti, le cifre che la compagnia aveva pagato erano però ridicolmente basse. Per esempio una delle donne che ho intervistato ha dovuto chiedere prestiti in banca perché i soldi ricevuti non erano abbastanza. Quando la miniera si è espansa di nuovo e ha ricevuto una lettera che chiedeva di vendere la sua casa per la seconda volta, ha iniziato a resistere e è diventata una protagonista davvero forte del movimento di resistenza. Lei è una grande poetessa impegnata nella prima linea del movimento, ed è una delle persone più povere: non può andare da nessun’altra parte.

La resistenza si è concentrata sulla foresta di Akbelen perché secondo gli abitanti può funzionare per tamponare l’estendersi della miniera agli altri villaggi. Dal 2019 però si sono susseguiti diversi tentativi di deforestazione. Gli abitanti hanno quindi organizzato un campo di osservazione, attivo permanentemente con almeno una persona del villaggio e una da fuori. Questo campo è un grande spazio fisico per chiamare tutti a resistere, e hanno partecipato decine di persone da tutto il paese.

Sempre a partire dal 2019, gli abitanti hanno anche aperto diversi procedimenti legali per far sì che fosse impedito il taglio della foresta, visto il suo valore naturalistico e archeologico. Nella stessa zona  infatti c’è anche un fiume molto importante per l’approvvigionamento idrico di Bodrum: quando la compagnia mineraria ha preso il villaggio ha cambiato il suo corso e ha iniziato a sfruttarne le acque. Sotto le case abbattute di Ikizköy, inoltre, è stato trovato un sito archeologico che però è stato fatto crollare con la dinamite. Alcuni abitanti che hanno lavorato in quella zona hanno detto che conteneva resti dell’Impero romano. Dopo la sua distruzione, non sappiamo però cosa è stato fatto dei reperti, che potrebbero essere stati sottratti.

Riguardo a questi procedimenti legali, all’inizio è stato emanato dal giudice uno stop a procedere, ma quest’anno questa interdizione è stata cancellata, e quindi la compagnia ha avuto via libera. Dopo le elezioni, vinte di nuovo da Erdoğan, gli abitanti erano molto preoccupati perché temevano che presto sarebbero venuti a tagliare gli alberi. Infatti due settimane fa sono tornati.

In che modo hanno organizzato l’abbattimento degli alberi nonostante la resistenza? Come si sono organizzati gli abitanti?

Domenica 23 luglio un amico dal villaggio di Ikizköy ha ricevuto una chiamata. Alcune fonti sicure avvertivano che il giorno seguente sarebbero venuti a tagliare gli alberi. Diversi abitanti hanno iniziato a presidiare il campo di osservazione, e alle 5 e mezza di lunedì mattina hanno iniziato a condividere sui social media di @Ikizkoydireniyor che era arrivato l’esercito e stava erigendo delle barriere per impedire di entrare nella foresta. Erano tutti impauriti, il numero di soldati era cospicuo. Nei primi giorni non riuscivamo a sapere cosa stava succedendo nella foresta. Io sono arrivata la sera del lunedì e abbiamo iniziato a fare delle chiamate sui social, cercando di richiamare sul posto il maggior numero di persone. Non eravamo molti, forse qualche centinaio: pian piano quel numero sarebbe cresciuto, ma non abbastanza per entrare nella foresta e impedire la deforestazione. Un piccolo gruppo di abitanti è andato ad Ankara a presentare una petizione. C’era il supporto di alcuni parlamentari e del sindaco di Bodrum, ma non è stata ottenuta alcuna risposta.

Abbiamo visto sui social media che diversi gruppi, come ad esempio le organizzazioni femministe, sono venuti a supportare la lotta. Com’è composto il movimento?

La cosa importante è che si è cercato di mantenere la leadership del comitato degli abitanti, con il supporto dei gruppi e delle persone che venivano da fuori. Abbiamo cercato il più possibile di sollevare l’opinione pubblica riguardo a quello che stava succedendo. Purtroppo però ci sono state delle persone prese in custodia, sono state fatte delle multe e l’esercito ha usato gas, idranti e spray urticanti.

Giovedì 27 luglio hanno iniziato a scendere nella parte bassa della foresta e abbiamo sentito il rumore delle motoseghe e visto gli alberi tagliati. Erano molto veloci, abbiamo sentito dire che dozzine di taglialegna lavoravano allo stesso tempo. Ho diffuso dei video in cui si vede che per abbattere un albero giovane ci vogliono solo 28 secondi, mentre per uno più vecchio sono sufficienti tre minuti. Probabilmente avete visto la foto di una delle abitanti che quel giorno, con i suoi figli, è andata vicino alla sua casa ad abbracciare uno degli alberi, piangendo. Hanno attaccato anche lei, insieme a diversi giornalisti, spruzzandole in faccia lo spray al peperoncino…

Venerdì è arrivato Kemal Kılıçdaroğlu, il leader del partito di opposizione CHP che ha sfidato Erdoğan arrivando al ballottaggio alle ultime elezioni. Ci aspettavamo che Kılıçdaroğlu si esprimesse in maniera contraria alla deforestazione, ma la sua visita è stata una grande delusione. Si è seduto e ha ascoltato gli abitanti, che hanno parlato in modo davvero impressionante, ma alla fine ha detto soltanto che seguirà questo caso. Gli abbiamo risposto che così era inutile, non ci sarebbe stato un domani, visto che il taglio andava avanti senza sosta e non si era fermato nemmeno durante la sua visita.

Alle 5 e mezza del mattino di sabato 29 luglio i soldati hanno circondato il campo di osservazione, impedendo alle persone sia di uscire che di entrare, e hanno iniziato a tagliare gli alberi intorno. È stata una grande tortura psicologica. Quel giorno gli scontri sono andati avanti per ore e il campo è rimasto circondato fino a quando il taglio non è finito. Solo un quinto della foresta è stata lasciata, la zona ora è come un grande cimitero dove hanno iniziato a raccogliere i tronchi degli alberi abbattuti.

Gli abitanti e il movimento però non si fermano, nonostante tutto. Domenica 6 agosto è stata organizzata una nuova manifestazione. Quali sono i passi successivi e come continuerà la lotta?

L’attenzione pubblica è molto cresciuta, le televisioni di opposizione hanno mostrato tutto dal vivo, ma non siamo mai stati abbastanza. Perché la gente non è venuta? Akbelen è molto vicina a Bodrum, in una zona della Turchia, la costa egea, molto frequentata e facilmente raggiungibile d’estate.

Il prossimo passo ora è quello di provare a spingere la miniera fuori dall’area in cui gli alberi sono stati tagliati, per lasciare lo strato fertile del suolo così com’è, perché la foresta possa ricrescere. Ma bisogna tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica, perché molto presto gli abitanti potrebbero perdere le loro case.

L’importanza di questo movimento consiste però anche nel dare coraggio alle altre lotte ambientali in Turchia. Sempre nella provincia di Muğla, nella località di Deştin c’è in questo momento una protesta contro un cementificio (vedi @destincevreplatformu); non lontano, ad Avdan nella provincia di Denizli, un movimento si oppone ad un’altra miniera di carbone (vedi @avdanplatformu); a Kaz Dağları, si sta cercando di fermare il taglio di una foresta portato avanti per la creazione di una miniera di rame (vedi @kazdagikoruma); e ancora le proteste per la difesa del monte Cudi nella provincia di Şırnak (vedi #CudiYaniyorSesVer). Tutti questi movimenti possono trarre ispirazione dall’esperienza di Akbelen e dalle altre lotte.

Intervista realizzata da Luca Onesti e Faize Deniz Mardin

Foto di Selen Çatalyürekli

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